Atleta olimpionica vittima di violenza da tre calciatori a Roma, la confessione all'amica: «Aiutami, in bagno hanno abusato di me». Il racconto choc

Roma, la ricostruzione della violenza sessuale sulla campionessa olimpionica. I tre calciatori sotto accusa: «Nel pub c’era confusione, contatto involontario»

L'atleta olimpionica all'amica: «Aiutami, in bagno hanno abusato di me». Il racconto choc della violenza a Roma
L'atleta olimpionica all'amica: «Aiutami, in bagno hanno abusato di me». Il racconto choc della violenza a Roma
di Valeria Di Corrado
Sabato 8 Luglio 2023, 00:00 - Ultimo agg. 9 Luglio, 17:20
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Si delineano i contorni di una storia di violenza odiosa, resa ancor più odiosa dall’essersi accaniti contro una ragazza fisicamente più debole. Il tutto, probabilmente, solo per il gusto di poter raccontare agli altri amici quella che per i tre calciatori dilettanti sardi - accusati dalla Procura di Roma di violenza sessuale di gruppo - era una bravata, una sfida, una medaglia di idiozia da appendere al collo. La vittima invece, che le medaglie d’oro, d’argento e bronzo le ha conquistate faticosamente sul campo, porta ancora i segni interiori di quella sera del 6 febbraio 2022. 

Atleta abusata a Roma, la dinamica

Tutto è cominciato con la scusa di un selfie con la campionessa olimpionica, un simbolo dei valori dello sport nel mondo.

Gli abusi si sarebbero consumati mentre stava andando in bagno con una sua amica, all’interno di un noto locale della movida trasteverina, nel cuore della Capitale. Un pub che la vittima frequenta spesso. Gli imputati, «con violenza e con un atto improvviso e repentino», hanno palpeggiato le parti intime della giovane atleta - si legge nel capo di imputazione - «inserendo le mani all’interno del suo pantalone, dopo averla accerchiata». La vittima ha raccontato subito alla sua amica quello che le era successo e, appena sono uscite dal bagno, hanno riferito tutto alla comitiva con la quale stavano trascorrendo la serata. I ragazzi del gruppo, infuriati e indignati, si sono recati al tavolo dei tre calciatori sardi (che erano in compagnia di altre giovani conosciute la sera prima) e li hanno apostrofati: «Vergognatevi! Fate schifo!». Hanno preso le difese non solo di una amica, ma di una ragazza più fragile delle altre. C’è stato un momento di tensione e alcuni dei presenti hanno deciso di chiamare i carabinieri. Una volta sul posto i militari hanno identificato i protagonisti della lite. In quel momento la vittima non ha sporto denuncia; lo ha fatto due settimane dopo e, grazie al riconoscimento delle loro foto, si è arrivati all’individuazione dei presunti responsabili della violenza.

 

La difesa

Erminio Coni e Andrea Finotto (entrambi 38enni) e Alessio Costella (36 anni) negano le accuse. A ottobre si troveranno davanti al giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma, che dovrà decidere se rinviarli a giudizio. A meno che non siano loro stessi a scegliere di essere processati allo stato degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, in modo tale da poter beneficiare - in caso di una eventuale condanna - dello sconto di un terzo della pena previsto dalla scelta del rito abbreviato. I tre imputati sono assistiti da avvocati differenti, proprio perché hanno posizioni processuali diverse. Uno di loro, per esempio, sostiene di non essersi mai alzato dal tavolo, né di aver fatto un selfie con la campionessa. Gli altri due, invece, sostengono che il locale quella sera fosse molto affollato ed essendo angusto il corridoio che conduce al bagno ci potrebbe essere stato un contatto involontario con la vittima.
Le telecamere presenti nel pub, a quanto pare, non erano funzionanti quel giorno. E, stando a quanto spiega uno dei legali, i testimoni a favore dell’atleta non sarebbero oculari, ma «de relato». Anche l’amica con la quale stava andando in bagno, precedendola, non poteva accorgersi - secondo la versione difensiva - di quello che era realmente successo. 

Le ferite psicologiche

L’olimpionica è molto provata da questa vicenda, e ancora oggi non riesce a metabolizzare quello che le è successo quella sera di un anno e mezzo fa. Succede spesso così alle vittime di abusi sessuali: all’inizio per un meccanismo inconscio di autotutela psicologica si cerca di rimuovere l’episodio, per non soffrire. Poi però, con il passare delle settimane e dei mesi, i ricordi riaffiorano alla mente con prepotenza e non ci si riesce a capacitare di essere stati violati nella propria intimità. 

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