Far west a Pineta Sacchetti, banda armata dal dentista: medici legati e sequestrati. Il raid guidato da un 70enne

Sono stati rinchiusi in uno sgabuzzino e immobilizzati con delle fascette

Far west a Pineta Sacchetti, banda armata dal dentista: medici legati e sequestrati
Far west a Pineta Sacchetti, banda armata dal dentista: medici legati e sequestrati
Mercoledì 5 Aprile 2023, 22:42 - Ultimo agg. 7 Aprile, 08:47
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Esperti, armati. Ma non abbastanza rapidi: la polizia, allertata da una delle vittime, ha fatto irruzione ancora prima che riuscissero a raggiungere la via di fuga. Così martedì sono finiti in manette tre rapinatori, tra i 65 e i 70 anni, che hanno tentato il colpo in uno studio dentistico di Pineta Sacchetti. La banda intorno alle 14 ha preso in ostaggio i due medici e l’assistente. Legati con le fascette e chiusi in una delle stanze per le visite. Sono riusciti comunque a far scattare l’allarme mentre i tre si aggiravano per le sale mediche rubando soldi e attrezzature di ultimissima generazione. L’accusa a carico degli arrestati è ora di rapina aggravata e sequestro di persona.

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IL BLITZ

«Mani in alto questa è una rapina» hanno detto i banditi minacciando con la pistola i camici bianchi. Nel parcheggio dello studio, i due scooter rubati che avrebbero dovuto utilizzare per la fuga. Hanno poi legato con le fascette i medici per potersi aggirare nello studio medico e ripulirlo. 
Ma non ne hanno avuto il tempo: i poliziotti del distretto Aurelio sono arrivati cogliendo i tre banditi intenti a svaligiare lo studio medico.

I poliziotti hanno quindi liberato i professionisti: «Mi hanno puntato la pistola contro, ho capito subito che eravamo tutti in pericolo. Abbiamo eseguito gli ordini ma siamo riusciti a far scattare l’allarme», ha riferito uno degli ostaggi. Gli investigatori hanno quindi proceduto con l’arresto della banda e il sequestro degli scooter. Una volta al commissariato, hanno avviato gli accertamenti a carico dei tre. Risalendo così al capo banda: G. C., 70anni appena compiuti e una lunghissima carriera criminale, tra cui una stretta collaborazione con “Cosa Nostra”. Come hanno accertato i giudici di Palermo, per anni insieme alla moglie avrebbe ripulito il denaro sporco della mafia siciliana: circa 900 miliardi delle vecchie lire. Costruendo una fortuna milionaria: era titolare di un cantiere navale a Pesaro, oltre ad essere in possesso di società immobiliari, assicurative e di costruzioni e, attraverso altre società immobiliari, titolare di diversi appartamenti nel villaggio turistico Porto Rosa di Furnari nel messinese, nell’isola di Vulcano e a Villabate. 

IL DECLINO DEL BOSS

Finito nel mirino della Dia e della Procura di Palermo dal 2001, il boss era riuscito a scappare. Una latitanza dorata Santo Domingo dove però era stato poi trovato ed estradato nel 2013. Tornato in libertà, nel 2018 era finito in un nuova indagine, questa volta del il Gico (Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata). Gli investigatori studiando conti bancari e intestazioni societarie avevano proceduto con il sequestro di beni e immobili a suo nome per un totale di 400 mila euro. Secondo quanto accertato, si era aggregato a una banda, composta da nove criminali. Rapinatori che avevano inanellato colpi in serie ai danni di Istituti di credito ed esercizi commerciali. I proventi delle rapine venivano in parte reinvestiti nel traffico di stupefacenti. 
Una carriera criminale in declino e finita, con il colpo sfumato allo studio dentistico all’Aurelio.

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