Carceri, Castellano: «Situazione al limite, ora serve un'azione collegiale»

Carceri, Castellano: «Situazione al limite, ora serve un'azione collegiale»
di Valentino Di Giacomo
Venerdì 12 Agosto 2022, 08:30
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«Purtroppo, al momento, la situazione della casa circondariale di Poggioreale e di quella di Santa Maria Capua Vetere è gravissima. Si sta intervenendo e si avranno risultati, ma per migliorare la condizione di queste carceri c'è bisogno di interventi collegiali». Lucia Castellano, provveditore generale delle carceri campane dallo scorso marzo, si è recata ieri in visita presso l'istituto di Santa Maria Capua Vetere. A Ferragosto - anche per dare un segnale di vicinanza a tutta l'amministrazione carceraria di quell'istituto e agli stessi detenuti - Castellano visiterà la casa circondariale di Poggioreale.

Dall'inizio dell'anno 49 detenuti si sono suicidati, numeri mai così alti e che in questi ultimi giorni si stanno aggravando ancora di più. Cosa sta succedendo? Perché così tanti detenuti si tolgono la vita?
«Credo sia dovuto ad una fase, quella pandemica e post-pandemica che ha causato traumi che abbiamo vissuto tutti come società, ma che chi è recluso ne soffre maggiormente i colpi psicologici. L'estate, così come il periodo natalizio, sono sempre periodi delicatissimi per chi è in carcere».

È dovuto anche al sovraffollamento dei nostri istituti, non crede?
«Le normative anticovid hanno accelerato le uscite dagli istituti penitenziari, in via generale la situazione è migliorata.

Il sovraffollamento però colpisce particolarmente alcuni edifici, Poggioreale su tutti che ospita oltre 2200 detenuti. Poggioreale nasce come casa circondariale quindi per detenuti in attesa di giudizio e coloro che hanno condanne inferiori ai cinque anni, ma non sempre si riesce a rispettare questi parametri. È vero che sono aumentate le pene alternative, ma sono parallelamente aumentati anche i detenuti, questo è triste. Bisognerebbe fare di più sulle pene alternative».

La popolazione però insorge quando legge che persone che si sono macchiate di reati sono denunciate a piede libero o non fanno nemmeno un giorno di carcere. Non crede?
«È vero, bisogna che anche le pene che si scontano all'esterno degli istituti penitenziari siano delle vere e proprie pene. Ma il carcere non è la soluzione a tutto».

A proposito di sovraffollamento, com'è possibile che uno dei detenuti che si sono suicidati era un paziente anoressico o, in passato, ci siamo occupati di detenuti con gravi obesità. Che senso ha lasciare in carcere persone che difficilmente potrebbero nuocere agli altri?
«Tra l'altro i due casi che cita sono entrambe due persone con fine pena al 2024, quindi che avevano una pena residua abbastanza breve. Ma per rispondere a questi drammi serve un intervento collegiale. Quando un detenuto si suicida è un fallimento del nostro lavoro. Non si può pensare però che la soluzione spetti solo all'amministrazione penitenziaria, serve un aiuto della magistratura di sorveglianza, dei servizi sociali».

Se a Poggioreale la situazione è grave com'è invece a Santa Maria Capua Vetere, l'istituto che ha appena visitato?
«Sono stata lì dalle 7.30 fino al tardo pomeriggio. La situazione è grave anche lì ma voglio essere ottimista».

Ad esempio per la mancanza d'acqua che affligge quell'istituto?
«Siamo quasi alla conclusione dell'iter. Il Comune ha fatto l'allaccio, noi dobbiamo fare il nostro pezzettino di lavori e in autunno dovremmo risolvere definitivamente il problema. Bisognerà mettere bagni e docce nelle celle rispettando una norma che, purtroppo, è prevista dal 2000 e siamo al 2022. Ma la situazione è complessa anche per altri aspetti».

Ad esempio?
«Sulla composizione dell'utenza, la maggior parte della popolazione carceraria è nel perimetro della media sicurezza, sono pochi i detenuti che sono in regime di 41 bis o che sono nel perimetro dell'alta sicurezza. Per questo il Dap ha emanato una circolare per fare ordine: il detenuto è giusto che sia nel posto coerente con la sua condizione e la sua storia. E questo è un problema particolarmente avvertito proprio a Santa Maria Capua Vetere. Un detenuto al primo reato, se non gestito correttamente, rischia di sviluppare comportamenti criminogeni peggiori di quando è entrato in regime carcerario: è la più grande sconfitta vista la finalità di recupero che dovrebbe avere la pena».

Se soffrono i detenuti, non da meno gli agenti della polizia penitenziaria sottoposti ad un enorme stress.
«I poliziotti penitenziari della Campania sono sottoposti a dura prova perché la popolazione carceraria è più complessa. Ci sono tanti camorristi e bisogna vigilare affinché non entrino nelle celle droga e cellulari. I poliziotti però stanno facendo un grande percorso di rafforzamento della propria identità professionale: per questo è stato previsto l'utilizzo di psicologi e sociologi che sono con loro durante la giornata lavorativa. Serve per non lasciarli soli».
 

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