Gli addii social, dai quali traspare tutto l’amore di un figlio e l’affetto, misto alla rabbia, della moglie. Sulla sua pagina Instagram, il giorno dopo la morte di Carmine Garofalo, deceduto nel carcere di Regina Coeli il 16 agosto scorso mentre era nella sua cella insieme a un compagno forse violento - che dopo i fatti non è stato trasferito di sezione - il figlio Samuel ha pubblicato una fotografia e un messaggio: «Ciao papà, ti voglio ricordare così, felice e spensierato, proteggici sempre». Samuel è un volto noto: attore in film e serie televisive. Ha esordito al cinema nel 2012 in “Anni felici” di Daniele Luchetti, ed è uno dei protagonisti della serie “Le fate ignoranti”, diretta da Ferzan Ozpetek, reboot dell’omonimo film del 2001. Anche la moglie, Sonia, ha ricordato Carmine Garofalo con un messaggio su Facebook, il 16 agosto: «Tra poche ore sarà il mio compleanno e chiedo a tutti voi di non farmi gli auguri. Poco fa è morto il padre dei miei figli, a cui avrei spaccato la testa per tutto quello che mi ha fatto, ma ho perso un pezzo di cuore, un fratello maledettamente incosciente, non voglio festeggiare niente».
IL RAPPORTO
Sembrava una morte accidentale, quella del detenuto, 49 anni, ristretto nella cella numero 24, nella sezione prima accoglienza del carcere romano.
L’ARRESTO
Nel fascicolo, per ora, non risultano indagati. Garofalo era stato arrestato il 15 luglio scorso dai carabinieri di Ostia. Le accuse a suo carico erano tentata rapina e tentato omicidio: in un parcheggio, secondo gli inquirenti, aveva cercato di rubare alcuni attrezzi dal retro di un camper. Il proprietario se ne era accorto e lo aveva inseguito. Lui aveva tirato fuori un coltello a serramanico e - si legge negli atti - aveva colpito l’altro uomo al petto. La vittima aveva ricevuto una prognosi di 30 giorni e il quarantanovenne era finito in carcere. Dal 21 luglio fino al giorno del decesso, risultano sei segnalazioni a carico di Garofalo: atti di autolesionismo, gesti di protesta e, soprattutto, liti e risse «per motivi di convivenza forzata» con il compagno di cella che, sempre secondo i due detenuti, aveva problemi psichici e in passato aveva aggredito il precedente vicino di letto. L’ultimo litigio, tre giorni prima della morte, il 13 agosto.
Dal 2 agosto, inoltre, dopo un tentativo di impiccagione, Garofalo era stato sottoposto al regime di sorveglianza a vista. Nonostante questo, a parte i due compagni di sezione, al momento del decesso sembra non fosse presente nessuno. I detenuti hanno raccontato che il compagno di cella di Carmine è stato visto pulire il pavimento subito dopo e poi infilarsi a letto facendo finta di dormire. Il corpo di Garofalo è arrivato all’obitorio del policlinico Umberto I il 17 agosto: il motivo della morte è stato attribuito a un ictus. Il 24 agosto è stato celebrato il funerale. I familiari hanno avuto il via libera alla cremazione. Il 6 settembre, però, il corpo è stato sequestrato e l’8 settembre sono stati effettuati ulteriori accertamenti. I risultati dovrebbero arrivare in queste settimane. Nel frattempo, il cadavere resta a disposizione dell’autorità giudiziaria. Il compagno di cella di Garofalo, invece, è rimasto nello stesso reparto: quello di prima accoglienza, con un regime di sorveglianza più elevato. Sorveglianza che, il giorno della morte, potrebbe non avere funzionato.