Chiara Ferragni, inchiesta per truffa su caso pandoro: indagherà la procura di Milano. Ecco perché

La decisione sulla compentenza della Procura generale della Cassazione dopo che era stato sollevato il conflitto di competenza territoriale tra gli inquirenti milanesi e quelli di Cuneo

Chiara Ferragni, inchiesta per truffa su caso pandoro: indagherà la procura di Milano. Ecco perché
Lunedì 29 Gennaio 2024, 15:49 - Ultimo agg. 16:44
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Chiara Ferragni. La Procura generale della Cassazione ha stabilito che è la Procura di Milano quella competente ad indagare sul caso Ferragni-Balocco per la vicenda dei pandori griffati, dopo che era stato sollevato il conflitto di competenza territoriale tra gli inquirenti milanesi e quelli di Cuneo.

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La decisioni è stata presa perché i contratti tra le società dell'influencer e l'azienda dolciaria piemontese, in relazione alla sponsorizzazione del pandoro "Pink Christmas", sono stati siglati a Milano. 

Chiara Ferragni e il caso pandoro

Il provvedimento, che stabilisce la competenza di Milano ad indagare per truffa aggravata a carico dell'influencer e di Alessandra Balocco, è stato firmato dal sostituto pg della Cassazione Mariella De Masellis.

Una decina di giorni fa il procuratore aggiunto milanese Eugenio Fusco aveva sollevato davanti al pg della Cassazione il conflitto tra pm sulla competenza ad indagare per il caso del dolce natalizio dell'azienda, che ha sede in provincia di Cuneo. L'aggiunto Fusco, che ha delegato le indagini al Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Gdf, nel documento trasmesso al pg della Suprema Corte, in base all'articolo 54-bis del codice di procedura penale, aveva chiesto di chiarire a chi spetta occuparsi della vicenda del pandoro rosa "Pink Christmas". E ciò in quanto, successivamente, anche l'ufficio requirente piemontese, guidato da Onelio Dodero, ha aperto un fascicolo gemello a carico di Ferragni e Alessandra Balocco, ad della casa dolciaria.

 

Da quanto si è saputo, nel suo provvedimento il pg della Cassazione chiarisce che non può valere il criterio del luogo di consumazione del reato in questo caso, anche perché l'acquisto di quei pandori da parte dei consumatori è avvenuto ovviamente in vari negozi sparsi in diverse parti d'Italia. Per il pg, poi, non si può applicare nemmeno il criterio del «vincolo della continuazione» tra il caso pandoro e gli altri due su cui sta indagando Milano, ossia quelli delle uova pasquali e della bambola.

E ciò perché i soggetti coinvolti in queste tre vicende sono in parte diversi. Non prevale, infine, nemmeno il criterio della residenza degli indagati. Vale in questo caso, invece, secondo il pg, il criterio di dove si è compiuta una parte, una frazione della condotta di truffa contestata, ossia dove si sono perfezionati con la firma i contratti. Da qui la competenza di Milano, che mantiene anche quella sugli altri due casi, perché su quelli non sono stati sollevati conflitti di competenza. Nel corso del procedimento, ad ogni modo, le difese potranno riproporre la questione della competenza territoriale e arrivare su questo punto fino in Cassazione.

La decisione

Nella memoria inviata a Roma la Procura di Milano ha indicato anche gli altri due casi su cui sono stati accesi i riflettori dai pm milanesi, ossia quelli delle uova di Pasqua della Dolci Preziosi e della bambola, in realtà chiamata «Mascotte Chiara Ferragni», prodotta in collaborazione con Trudi. Ferragni è indagata a Milano per truffa aggravata anche per questi altri due casi. Riguardo alle uova di cioccolato è indagato anche il patron della Dolci Preziosi, Franco Cannillo. Gli inquirenti e gli investigatori meneghini avevano ritenuto nel loro atto i tre episodi legati dal «vincolo della continuazione», nell'ambito di un presunto «medesimo disegno criminoso».

Il pg della Cassazione ha risolto la questione di competenza sul caso del pandoro, mentre sugli altri due non sono stati sollevati conflitti e, dunque, su questi gli inquirenti milanesi continuano ad indagare. L'ipotesi di truffa, in generale, in questi casi riguarda la vendita di prodotti sponsorizzati, in particolare sui canali social, da Ferragni traendo in inganno, secondo l'accusa, i consumatori convinti che i ricavi sarebbero andati in beneficenza.

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