Delitto di Cogne, Annamaria Franzoni: «Voglio tornare in quella casa»

Delitto di Cogne, Annamaria Franzoni: «Voglio tornare in quella casa»
Sabato 3 Maggio 2014, 12:18 - Ultimo agg. 4 Maggio, 12:48
4 Minuti di Lettura

Sento il bisogno di tornare in quella casa. Non sar facile, perch dove Samuele ha vissuto felice e dove stato ucciso. Non voglio rinnegare quei ricordi, non voglio perderli. Ho voglia di tornare l, perch stare lontano come voler dimenticare... Non posso permetterlo: non giusto.

Così Annamaria Franzoni - che sta scontando 16 anni di condanna proprio per l'omicidio del figlio Samuele trovato morto nella casa di Cogne - si è raccontata in uno degli incontri con Augusto Balloni, il professore incaricato di stabilire se la donna possa ottenere la detenzione domiciliare. Nella sua perizia, Balloni ha concluso che Annamaria Franzoni presenta «condizioni di pericolosità sociale», anche se questa settimana il Tribunale di Sorveglianza di Bologna ha chiesto ulteriori approfondimenti, e deciderà tra due mesi. Le considerazioni della donna espresse durante le sedute con il perito sono state rese note durante la puntata di ieri sera di 'Quarto Gradò su Retequattro.

«Ho sempre respirato da mia madre un senso materno molto forte. Lo stesso che ho io, perchè sento come priorità, come donna, la famiglia - spiega Annamaria Franzoni -. Non ho mai pensato alla carriera. Quello che mi gratifica di più e mi fa stare bene è tenere la casa, stare con i miei figli, stare con mio marito, fargli trovare quel calore materno di moglie. Penso sia lo scopo della vita. Quello che ho respirato a casa mia è questo: la normalità dei figli, la dedizione». «Ho mostrato le foto di Samuele - aggiunge -, perchè insinuavano che non fosse sano. Volevo proteggerlo. Ancora oggi lascio la tomba bianca, senza nome: nessuno sa dov'è per tutelarlo. Ho cercato di difendermi, di difendere la dignità di Samuele».

«Penso a quella mattina - dice ancora Franzoni -. Cerco di ricordare se durante il percorso di ritorno posso avere visto qualcosa in più, un'ombra, qualcosa, qualsiasi cosa. Io per prima mi sono messa in discussione, perchè in quei momenti sei fragile e tutti ti dicono: 'sei stata tu!' - afferma la donna - I miei sentimenti li conosco: io darei la vita, ho dato la vita ai miei figli, non l'ho tolta... Sono un genitore, pretendo la verità, la giustizia. Chiederò aiuto a chiunque, perchè lo devo a Samuele, ai miei figli, a mio marito. La mia vita è dedicata solo a quello. Il bello è stato quello che abbiamo vissuto lì: quello è il nostro vivere, è la nostra casa, io mi sento sempre fuori casa».

Quarto gradò ha rivelato pure che, per ottenere la detenzione domiciliare, Annamaria Franzoni si è sottoposta a una perizia grafologica. Il perito grafologo Alberto Bravo, il 10 febbraio scorso - quando la donna era appena tornata da un permesso premio - le ha fatto scrivere una pagina sotto dettatura (tratta da un quotidiano) e un testo libero. Da ogni parola e tratto - riporta il servizio - il perito ha dedotto il carattere della donna. Secondo l'analisi, la Franzoni denota «bontà d'animo e comprensione», ma è contraddistinta anche da un «sentimento di cautela e preoccupazione per il giudizio degli altri», che la porta a essere «controllata, in un misto di sensibilità d'animo e ricerca di approvazione». La sua grafia rivelerebbe anche un «orgoglio frustrato, rassegnato a chiedere più con il silenzio che con le parole».

La bontà d'animo, per il perito, rischia così di spegnersi in un «mutismo affettivo». Annamaria Franzoni - conclude la perizia - tenderebbe a «compensare le insoddisfazioni con la fantasia». Il suo giudizio, le sue valutazioni, vengono fatte «più dal sentimento che dall'intelligenza». Nonostante questo rimane costante «la sua capacità di attenzione e di controllo, fino all' ipervigilanza».

Il sindaco di Cogne «Con tutto quello che è successo, che ha detto su tante persone, è chiaro che almeno una parte della gente non l'accoglierebbe certo bene». Ha dichiarato il sindaco di Cogne, Franco Allera, in merito alla volontà di Anna Maria Franzoni di fare ritorno nella villetta di Montroz dove fu trovato morto il figlio Samuele. «Ciò che ha detto su tante persone - spiega Allera - ha lasciato un segno, degli strascichi. A Cogne la vicenda ha fatto solo del male».

Con il dissequestro avvenuto il 23 marzo del 2013, la villa è tornata in possesso di Stefano Lorenzi. Da allora l'immobile è rimasto disabitato.

© RIPRODUZIONE RISERVATA