«Ilaria Alpi? Oggi sarebbe stata
in prima linea nella guerra in Ucraina»

«Ilaria Alpi? Oggi sarebbe stata in prima linea nella guerra in Ucraina»
Lunedì 21 Marzo 2022, 15:07 - Ultimo agg. 15:08
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«Penso che oggi Ilaria Alpi e Milan Hrovatin sarebbero stati a Mariupol. Avrebbero tentato di fare chiarezza sui fatti che stanno accadendo, perché ne abbiamo bisogno: ancora non sappiamo granché sul genocidio, le donne stuprate, le fosse comuni in Ucraina»: lo ha detto questa mattina intervistata dall'Ansa Shukri Said, giornalista somala presente all'inaugurazione della cerimonia pubblica organizzata alla Casa del Jazz di Roma da Ossigeno per l'Informazione, durante la quale una corona per ricordare dei due reporter assassinati 28 anni fa a Mogadiscio è stata deposta di fronte alla lapide con i nomi di 900 vittime innocenti della mafia e al pannello murale in memoria di 30 giornalisti italiani uccisi mentre facevano il proprio lavoro.

Shukri Said, che è intervenuta anche al convegno dal titolo «Roma ricorda Ilaria Alpi», in programma subito dopo la commemorazione, ha ribadito la necessità che il caso dell' omicidio della giornalista Rai e del suo operatore «non debba essere chiuso. C'è ancora molto da fare e io sono del parere che siccome la Somalia ha ormai ristabilito le relazioni con l'Italia e con il mondo intero ci sia adesso l'opportunità di istituire una commissione indipendente». È ancora vivo in Somalia il ricordo di Ilaria Alpi? «La gente di Mogadiscio vuole sapere e non si rassegna. Ancora c'è la possibilità di trovare qualcuno vivo che possa parlare di quei fatti», ha assicurato la giornalista, sottolineando che «l'ex presidente Ali Mahdi è morto di Covid, il generale Aidid è morto da tanto tempo, ma sono vivi i secondini del potere di allora e tante altre persone che magari non hanno parlato perché avevano paura o semplicemente perché nessuno ha chiesto loro niente».

«Ilaria è stata uccisa perché aveva acceso i fari sui rapporti tra la politica italiana e quella della Somalia dopo la caduta di Siad Barre, indagando sui fondi della cooperazione forse destinati a finanziare le armi dei ribelli somali e il mercato dei rifiuti tossici», ha affermato la giornalista, «in quell'inchiesta erano coinvolti personaggi di primo piano dei due Paesi.

Non si è fatto chiarezza forse per motivi o per alibi solo all'inizio giustificabili con il caos politico della Somalia che non permetteva di svolgere indagini». «La verità è che c'era la volontà politica di non andare avanti in entrambi i Paesi», ha concluso, «Si poteva indagare di più? Io credo di sì, anche perché da 10 anni la Somalia ha una stabilità istituzionale, precaria è vero, ma ce l'ha. Si sarebbe potuta fare un'altra commissione di inchiesta, un comitato congiunto con i parlamentari federali somali per scavare in modo più approfondito. Secondo me e secondo alcuni colleghi di Mogadiscio con cui ho avuto modo di confrontarmi, all'epoca per i somali non c'era nessun interesse a uccidere Ilaria Alpi e Milan Hrovatin, non c'era ancora lo jihadismo, l'Italia era un Paese amico. Perché si sarebbero dovuti uccidere due giornalisti italiani? L'unico motivo ce l'avevano i criminali collegati alle istituzioni di entrambi gli Stati».

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