Julie Tronet morta suicida a Lecce, la verità del 19enne sotto accusa: «Mi ha invitato lei a casa»

La studentessa francese "violentata", il ragazzo alla polizia dice: "Non ho fatto nulla che lei non volesse". Ma le indagini proseguono

Julie Tronet morta suicida a Lecce, la verità del 19enne sotto accusa: «Mi ha invitato lei a casa»
Julie Tronet morta suicida a Lecce, la verità del 19enne sotto accusa: «Mi ha invitato lei a casa»
di Roberta Grassi
Sabato 28 Ottobre 2023, 09:46 - Ultimo agg. 19:05
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«Mi ha chiesto lei di accompagnarla, non ho fatto nulla che lei non volesse. Mi aveva anche invitato a restare per la notte, ma le ho detto che avevo lezione il giorno dopo e dovevo tornare a casa». Quando i poliziotti della Squadra mobile di Lecce sono andati nell’appartamento in cui abita a Lecce, da fuorisede, il 19enne indagato per istigazione al suicidio e violenza sessuale ha subito raccontato nel dettaglio cosa ricordava di quella notte (tra mercoledì e giovedì) con Julie Tronet, la 21enne francese trovata senza vita – quasi certamente per un drammatico gesto volontario – domenica sera. 

Il racconto del giovane 


Il giovane del Brindisino ha mostrato un selfie agli investigatori, spiegando di averlo scattato nell’androne del palazzo, davanti a un grande specchio che lo ha invogliato all’autoscatto.

E ha anche aggiunto di aver scambiato il contatto su Instagram con la studentessa straniera, conosciuta in zona Porta Rudiae, dove i ragazzi si ritrovano di sera. Ma di averla poi bloccata, perché non avrebbe voluto far proseguire la conoscenza. Una narrazione che al momento non può avere riscontro, ma che ha aggiunto numerosi dettagli a quanto già possedevano gli uomini della polizia di Stato.

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Il ragazzo potrebbe chiedere di essere ascoltato 


Sono questi, insomma, gli elementi in possesso degli investigatori. Ma non sono ancora posti nero su bianco in un verbale. L’universitario, individuato proprio dal profilo Instagram di Julie, potrebbe ora chiedere – tramite il suo difensore di fiducia, Aldo Gianfreda, di essere ascoltato dalla pm che sta seguendo il caso, Maria Rosaria Petrolo. Per fornire la propria versione dei fatti in modo che anche la sua posizione nella vicenda possa avere una veste formale. 
Si parla dell’inchiesta sulla morte di una giovane studentessa straniera. Julie, 21 anni, brillante nel suo percorso accademico tanto da essere in Italia in un programma di scambio simile all’Erasmus. Il cosiddetto “double degree” che consente di ottenere un titolo valido in due diverse nazioni. Filosofia la sua materia. Il sogno nel cassetto: diventare una ricercatrice. 


Un’inchiesta in cui hanno un ruolo centrale le accuse di violenza sessuale che la ragazza ha accennato ai medici del pronto soccorso del Vito Fazzi di Lecce giovedì, 19 ottobre, e riferite a qualcosa accaduta la notte precedente. Presunti abusi che non ha voluto assolutamente denunciare, rifiutando anche di farsi visitare dalla ginecologa che era stata chiamata a intervenire una volta trasferita nella stanza rosa, lo spazio del nosocomio che viene destinato alle vittime di violenza. 

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L'incontro col giovane in centro 


Julie, dai racconti degli amici e dei famigliari, era una ragazza con molte fragilità. Tornando alle ricostruzioni di ciò che è accaduto nella notte tra mercoledì e giovedì, i fatti si sarebbero verificati attorno alle 4. La 21enne francese era in compagnia di una amica bielorussa che è stata ascoltata dalla polizia. Ha conosciuto il 19enne del Brindisino all’aperto, tra i gradini della zona di Porta Rudiae. A quanto sembra c’è stato un primo contatto. E anche alcune effusioni, per strada, in presenza della compagna di studi. Il tragitto non è stato breve. Da Porta Rudiae, percorrendo viale dell’Università, poi via Taranto fino a via Pappacoda, dove si trova l’appartamento in cui alloggiava Julie. A un certo punto le strade si sono divise, l’amica ha proseguito verso il suo appartamento. I due sono rimasti soli. 
Il 19enne è entrato in casa, nella stanza. Ha riferito di aver avuto un rapporto completo, ma consenziente. Poi di aver lasciato l’immobile, dopo lo scambio del contatto Instagram: un follow presto “revocato”. I social sono la principale via di comunicazione dei ventenni, non solo il veicolo di immagini e pensieri sparsi. Ma anche di desideri e talvolta anche di qualche debolezza. 

 

Il tragico gesto 


Il racconto dei giorni successivi è tristemente noto. L’accesso in Pronto soccorso giovedì, poi il sabato sera in camera con l’amica e le scuse al coinquilino per aver ascoltato musica ad alto volume: «Ero triste per una cosa accaduta due giorni fa». Infine domenica, l’ultimo scritto, indirizzato ai genitori: «Penso che sia arrivato il momento di fermarmi qui, non ne posso più, mi dispiace mamma e papà. Mi manca il mio Pierre che amo, mi dispiace per tutti coloro che ho incontrato. Mi dispiace per Julie, e soprattutto Leo. Vi amo, non è colpa di nessuno, perché mi avete tanto amata, ma non ci riesco più, non riesco ad accettare ciò che mi è successo, è troppo difficile per me rimanere sola. Vi amo, soprattutto Pierre. Sono triste». Un biglietto d’addio che i poliziotti, i vigili del fuoco e il personale sanitario del 118 hanno trovato accanto al corpo senza vita della studentessa, morta con un laccio delle scarpe al collo, agganciato all’armadio. 
L’autopsia, eseguita dal medico legale Alberto Tortorella, ha escluso segni di colluttazione. Ora si attende l’esito degli esami per la ricerca di tracce biologiche sul corpo, affidati alla genetista Giacoma Mongelli e l’analisi dei dati dei cellulari e dei dispositivi informatici, in mano all’ingegnere Giovanni Leo.
 

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