Sono passati 25 anni ormai, ma adesso hanno un nome i mandanti dell'omicidio del sindacalista siciliano della Uil Mico Geraci, ucciso con una raffica di colpi sparati da un fucile a pompa, l'8 ottobre del 1998 a Caccamo (Palermo), davanti al figlio e alla moglie. I carabinieri, su delega della Dda di Palermo guidata dal procuratore Maurizio de Lucia, hanno notificato in carcere un'ordinanza di custodia cautelare ai boss di Trabia, Pietro e Salvatore Rinella. Negli anni l'inchiesta sul delitto è stata archiviata e riaperta più volte.
Giuseppe Auteri, il boss arrestato a Palermo: era nella lista dei 100 latitanti più ricercati
Pur puntando dal principio sulla pista mafiosa, le indagini non erano mai riuscite ad individuare né i mandanti, né gli autori materiali del delitto.
IL MOVENTE
Il movente del delitto, già accennato agli inquirenti dal pentito Nino Giuffrè all'inizio della sua collaborazione con la giustizia, assume ora contorni netti nell'inchiesta della dda di Palermo che, dopo 25 anni, grazie al contributo di nuovi collaboratori di giustizia, ha individuato i mandanti dell'assassinio, i boss di Trabia Pietro e Salvatore Rinella, incaricati di eliminare il sindacalista scomodo dal capomafia Bernardo Provenzano, «regista» del piano di morte contro Geraci. Secondo quanto dichiarato dai pentiti Emanuele Cecala e Massimiliano Restivo a eseguire materialmente il delitto sarebbero stati due giovani che facevano parte del gruppo di fuoco dei Rinella Filippo Lo Coco, il killer che ha sparato alla vittima davanti ai suoi familiari, e Antonino Canu, che ha curato le fasi logistiche dell'agguato e ha portato via in auto il sicario dalla scena dell'omicidio. Entrati in contrasto con i Rinella, Lo Coco e Canu sono stati poi assassinati. Dopo una esperienza nella dc Geraci si era avvicinato all'onorevole Giuseppe Lumia, allora esponente dei Democratici di Sinistra e componente della Commissione parlamentare Antimafia e aveva progettato di candidarsi a sindaco di Caccamo con una lista civica. In quel contesto, partecipando ad alcune manifestazioni pubbliche, aveva apertamente preso posizione centre i mafiosi locali denunciando il tentativo dei clan di condizionare l'elaborazione del piano regolatore di Caccamo e la gestione dell'acqua. Il sindacalista - hanno raccontato i pentiti - aveva poi rifiutato di occuparsi di pratiche dei contributi agricoli per conto di uomini di Cosa nostra. Tutti comportamenti che avevano creato malcontento tra gli uomini d'onore della zona che erano andati a lamentarsi da Giuffrè. Pochi mesi prima del delitto Bernardo Provenzano, durante un incontro, aveva chiesto allo stesso Giuffreè - è lui a raccontarlo - se avesse avuto uomini da mettere a disposizione per eseguire un omicidio a Caccamo, senza dirgli chi fosse la vittima. Sentendosi scavalcato l'ex capomafia gli aveva risposto di no. Dopo qualche mese Geraci era stato assassinato. I nuovi pentiti hanno riferito che il padrino corleonese, che a Caccamo aveva la sua roccaforte, per eliminare il sindacalista scomodo si era rivolto ai Rinella