Israele e Hamas, l'Iran dietro la guerra? La strategia di Teheran per sabotare gli accordi con gli arabi

Dopo l’attacco l’Iran esulta: da decenni finanzia Hamas contro lo Stato ebraico

Israele Hamas, l'Iran dietro la guerra: ecco la strategia per sabotare gli accordi con gli arabi
Israele Hamas, l'Iran dietro la guerra: ecco la strategia per sabotare gli accordi con gli arabi
di Marco Ventura
Sabato 7 Ottobre 2023, 23:58 - Ultimo agg. 8 Ottobre, 10:30
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«Morte a Israele». «Israele è condannato, la Palestina lo conquisterà». Le urla di giubilo, i canti, le preghiere, le stesse invocazioni «Allah Akbar», Allah è grande, che risuonano nei video di donne e bambini israeliani in ostaggio a Gaza, riempiono l’aula del Parlamento iraniano che ieri ha aperto la seduta festeggiando i massacri di Hamas. I deputati tutti riuniti nel centro a esultare. Le reazioni ufficiali del regime di Teheran sono di congratulazioni coi combattenti e il general maggiore Yahya Rahim Safavi, consigliere militare della Guida Suprema Ali Khamenei, promette che sarà «al loro fianco fino alla liberazione della Palestina e di Gerusalemme». Il fronte regionale filoiraniano, fino agli Hezbollah in Libano, inneggia alla tempesta scatenata dall’ala dura dei palestinesi. E nelle strade di Teheran si sono visti letteralmente i fuochi d’artificio. Ma questa è solo la conferma del disegno iraniano che muove i deltaplani oltre le barriere di Gaza. 

Israele, Hamas attacca dal cielo con i deltaplani - Video

GLI OSSERVATORI

Gli osservatori internazionali fanno notare che non ci sono al momento prove che l’attacco di ieri sia stato pianificato con la Difesa iraniana. Ma nessuno ha dubbi che dietro l’aggressione vi sia l’ultradecennale supporto politico, militare e tecnologico degli Ayatollah. Basterebbe il video di un drone che centra un carro armato israeliano, immagine mai vista prima, che non si spiega le forniture e l’addestramento dell’Iran. 
Alcuni comandanti iraniani hanno giustificato il supporto alle operazioni di Gaza con la difesa della moschea di Al-Aqsa (il Tempio del Monte), al centro di scontri che non si sono mai esauriti con le forze di sicurezza israeliane. 

LE RELAZIONI

Ma il tema politico sostanziale è che si stava ormai completando, sotto gli auspici degli Stati Uniti, quel percorso di riavvicinamento tra Israele e i Paesi del Golfo che ultimamente aveva coinvolto l’Arabia Saudita.

Nel 1979 era prima toccato all’Egitto normalizzare le relazioni, nel 1994 alla Giordania, poi nel 2020 Emirati Arabi Uniti e Bahrein avevano firmato con Israele gli “Accordi di Abramo”, voluti da Donald Trump che aveva rivoluzionato la politica Usa in Medio Oriente. Lo scorso settembre, il ministro del Turismo era stato il primo membro del governo israeliano a visitare l’Arabia Saudita andando a un convegno a Riad. L’ambasciatore saudita a Amman era stato invece il primo del suo esecutivo a visitare la West Bank, la Cisgiordania, occupata da Israele con la guerra del 1967. Anche adesso, i sauditi sostengono che non riconosceranno né instaureranno relazioni finché Israele non avallerà la creazione di uno Stato palestinese. Tuttavia, Mohammed bin Salman, il principe reggente saudita, in un’intervista a Fox News lo scorso mese ha definito «per la prima volta reale» la prospettiva di una normalizzazione dei rapporti con Israele. 

 

IL PERICOLO

Uno scenario inaccettabile e pericoloso per gli Ayatollah, che si troverebbero a fronteggiare non più solo Israele in pace con Egitto e Giordania, ma in grado di dialogare, fare affari e convivere con l’Arabia Saudita e altri Paesi del Golfo, decisi ad affidare la propria sicurezza allo scudo americano. Forse, la guerra di Hamas che per certi versi può apparire suicida, considerando la prevedibile reazione di Israele, ha sortito già il suo effetto politico. Un rilancio della causa palestinese nel mondo arabo e un modo efficace per ostacolare il dialogo tra Bin Salman e Netanyahu. Sullo sfondo, c’è pure la guerra in Ucraina, con l’Iran schierato con la Russia anche in termini di forniture militari. «L’Iran ha fornito ogni tipo di sostegno a Hamas e lavora con Hezbollah», spiega Meir Litvak, esperto israeliano di Iran, all’Adnkronos. «Anche se non sono sicuro che l’Iran sia stato coinvolto nella preparazione tattica di questa operazione, ha fornito supporto militare. Ancora più importante è che lavori con Hezbollah nella “unità delle arene”, per costringere Israele a confrontarsi su tre fronti allo stesso tempo: Gaza, la Cisgiordania e il Libano». Litvak cita il «massiccio contrabbando di armi verso la West Bank organizzato negli ultimi mesi dall’Iran, parte di questa strategia». Non stupiscono allora le parole del portavoce del governo iraniano, Ali Bahadori-Jahromi, su X. «I potenti attacchi di Hamas contro Israele hanno dimostrato che il regime sionista è più vulnerabile che mai e che i giovani palestinesi hanno preso il sopravvento nella loro lotta contro il regime». Ma Netanyahu si dice convinto che il riavvicinamento con Riad non sarà fermato dai massacri di Hamas. 

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