Marija Vladimirovna Zakharova, la zarina dei social che bacchetta i leader occidentali

Marija Vladimirovna Zakharova, la zarina dei social che bacchetta i leader occidentali
di Domenico Giordano
Lunedì 25 Aprile 2022, 08:00 - Ultimo agg. 16:07
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Marija Vladimirovna Zakharova è subito dopo Putin il volto russo mediaticamente più esposto nel conflitto in corso con l'Ucraina.

Eppure, nonostante ciò, davvero in pochi hanno evidenziato il modo in cui la direttrice del dipartimento Informazione e stampa del ministero degli Esteri, nonché portavoce del ministro Sergej Lavrov, sta interpretando un ruolo nient'affatto secondario, in questa guerra che è innanzitutto uno scontro tra due opposte narrazioni.

Quarantasei anni, figlia di diplomatici vissuta tra Pechino, Mosca e New York e dall'agosto del 2015 a capo della comunicazione della diplomazia russa, la Zakharova sin dal primo giorno dell'invasione ha scelto strategicamente di prendersi la scena ritagliandosi direttamente la parte di paladina della propaganda putiniana, utilizzando senza remore e in modo decisamente irrituale per un funzionario del suo rango i suoi canali social.

Così, se da un lato ha continuato a dettare ai media internazionali e alle ambasciate russe la linea ufficiale annunciata da Putin di una guerra di liberazione dalla aggressione neonazista - dopo le stragi nel 2014 da parte delle milizie ucraine nella regione del Donbass e in particolare nelle due provincie di Donetsk e Lugansk, che si sono autoproclamate repubbliche indipendenti - dall'altro Maria Zakharova, bypassando il divieto del Tribunale di Mosca e dello stesso governo russo che hanno dichiarato Meta «un'organizzazione estremista» vietandone l'utilizzo, ha tranquillamente pubblicato ogni giorno su Facebook e Instagram il suo pensiero attaccando senza alcun imbarazzo i nemici della Russia, che «non ha iniziato la guerra, ma la sta finendo», per riprendere un suo post del 28 febbraio.

In queste settimane, si è scagliata contro tutti coloro che hanno condannato l'invasione o semplicemente manifestato solidarietà al popolo ucraino.

Una guerra personale combattuta con una continua sventagliata di colpi sparati a mezzo social per ferire Capi di Stato e di governo, organizzazioni internazionali, ministri vari e alcune delle più importanti multinazionali che hanno chiuso le loro attività in Russia.

Un impegno social così certosino che l'ha portata direttamente a salire, unica donna, lo scorso 18 marzo, sul palco dello stadio olimpico Luzhniki di Mosca per arringare la folla prima dell'intervento di Vladimir Putin: «Siamo un paese e un popolo che custodisce e protegge la pace e combatte contro il male ha ricordato la Zakharova ai moscoviti che affollavano le tribune - perché l'oscurità è assenza di luce. E la vera libertà è libertà dal male. Non possiamo farci intimidire perché viviamo nell'amore e nella fede». 

Dal 24 febbraio la lista dei nemici compilata dalla Zakharova si è ingrossata a dismisura, il 23 marzo, è il ministro degli Esteri britannico Liz Truss a subirne il sarcasmo velenoso, solo perché colpevole di aver chiesto a Youtube di eliminare una sua video intervista che poteva minare la sicurezza nazionale: Penso che le interviste con il ministro degli Esteri britannico Liz Truss costituiscano un rischio molto maggiore per la sicurezza nazionale britannica, poiché minacciano la salute mentale della nazione».

A inizio di aprile, invece, la direttrice della comunicazione del ministero degli Esteri sceglie come nuova preda della sua narrazione addirittura la maison francese Chanel. La notizia diffusa da alcuni blogger che ne scatena l'ira social, questa volta su Facebook e anche su Instagram, è il presunto rifiuto di vendere i prodotti a marchio ai cittadini russi che avevano provato ad acquistarli in diversi negozi all'estero.

Nel mentre, tra un affondo contro Hunter Biden, il figlio del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, accusato di fare affari con il governo ucraino, e l'altro contro Emmanuel Macron, Marija Vladimirovna Zakharova trova il tempo di esultare e ringraziare i suoi follower che continuavano a crescere: «500mila iscritti. Mezzo milione. E tutto questo, senza pubblicità e campagne. Grazie per tutti gli anni di attenzione reciproca».

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Poi il 10 aprile, con un attacco scagliato dal canale Telegram che conta oltre 350 mila iscritti, nel mirino finisce Luigi Di Maio e la sua dichiarazione sull'accordo raggiunto dall'Italia con l'Algeria per la fornitura di gas: «Il ministro italiano ha confuso qualcosa, come sempre. Non è la Russia che ricatta l'Unione Europea con le forniture di gas, ma è l'Unione Europea che ricatta la Russia con sanzioni e minacce di nuove restrizioni, e fornendo armi di ogni tipo all'Ucraina». 

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