Campi Flegrei, le due caldere “quasi gemelle” ​in California e Nuova Guinea

A Long Valley crisi bradisismica. Rabaul sommersa dalla cenere, poi la pioggia la trasformò in cemento

Rabaul coperta dalla cenere dopo l'eruzione
Rabaul coperta dalla cenere dopo l'eruzione
di Mariagiovanna Capone
Venerdì 6 Ottobre 2023, 23:31 - Ultimo agg. 7 Ottobre, 08:00
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Parlare dei Campi Flegrei significa necessariamente dover comprendere la dinamica delle caldere di grandi dimensioni. Non stiamo parlando solo di un processo evolutivo che può crearsi in seguito a uno svuotamento della camera magmatica che può dare luogo a un avvallamento, una caldera appunto, ma a quelle che si evolvono continuamente e producono eruzioni di dimensioni catastrofiche nei millenni, sono larghe decine di chilometri diventando una minaccia per le aree densamente popolate. Sono definiti «supervulcani» e producono «supereruzioni», e malgrado non siano termini utilizzati in vulcanologia o approvati dagli scienziati ma coniati ai fini mediatici, rendono bene l’idea di cosa stiamo parlando.

I Campi Flegrei ne sono un esempio, ma tra i «supervulcani» con caldere così grandi ce ne sono solo poche decine, come Yellowstone nel Wyoming negli Stati Uniti e il lago Toba in Indonesia, entrambe aree quasi del tutto disabitate e dal comportamento un po’ diverso dalla nostra caldera. Per parlare di caldere con una dinamiche simili ai nostri «campi ardenti», cioè con bradisismo, sciami sismici, sistema idrotermale e periodiche eruzioni, dobbiamo parlare della Long Valley caldera in California, e della Rabaul caldera in Papua Nuova Guinea.

Geyser, fumarole, sorgenti termali, sciami sismici. È il panorama piuttosto inospitale della Long Valley caldera. La città più vicina è Mammoth Lake, ad appena dieci chilometri a ovest con ottomila anime, ma a circa 150 chilometri troviamo Fresno, abitata da quasi 600mila persone, senza contare gli altri tre milioni in un raggio di 300 chilometri.

Questa caldera è un’ellisse lunga 32 chilometri e larga 12, e al suo centro ha un’area di circa 2-3 chilometri dove si concentrano i fenomeni bradisismici. La Long Valley Caldera ha una lunga e complicata storia di eruzioni tra cui una gigantesca eruzione che formò la caldera circa 760mila anni fa che rilasciò 225 chilometri di materiale vulcanico nell’atmosfera e devastando la Terra, e altre attività più recenti, l’ultima delle quali risalente a 600 anni fa con la risalita di un duomo di ossidiana. Gli scienziati hanno calcolato che la maggior parte del sollevamento si è verificato probabilmente in 100mila anni con una media di 4 millimetri all’anno, ma tra il 1980 e il 2017 ci sono stati più di 83 centimetri di sollevamento con una velocità di 24 millimetri all’anno.

Durante la crisi bradisismica del 1997-1998, il sollevamento è stato di 18 centimetri all’anno, e sono stati registrati più di 130 terremoti con magnitudo superiore a 3. Un altro episodio di sollevamento è iniziato nel 2011 e continua ancora oggi, anche se a un tasso molto più piccolo del precedente: 1,5 centimetri all’anno. I sollevamenti sono accompagnati da frequenti sciami sismici e deformazione del pavimento della caldera. Proprio come accade ai Campi Flegrei. In un recente studio è stato calcolato che sotto la caldera si trovano ben 380 chilometri cubi di magma che in caso di eruzione comporterebbe a un disastro naturale di ampie proporzioni. Ma nonostante l’attività vivace della caldera, la possibilità di un’eruzione secondo gli esperti è improbabile nell’immediato. C’è poi una curiosità: la caldera, che come spiegato è un’area vulcanica molto attiva con frequenti terremoti e deformazioni del suolo, ha numerose sorgenti termali e fumarole, al suo interno ha un sistema geotermico che alimenta la centrale elettrica di Casa Diablo, che genera energia sufficiente per 40mila case. 

 

La caldera di Rabaul si trova nella penisola Gazelle, in Papua Nuova Guinea, nell’oceano Pacifico. Grazie alla sua forma a semicerchio, crea un ampio porto riparato utilizzato da quella che era la città più grande dell’isola prima della grande eruzione nel 1994. La caldera è larga 8 chilometri e lunga 14 ed è piuttosto attiva, ci vivono attualmente meno di quattromila abitanti ma entro i 10 chilometri troviamo Kokopo, l’attuale capoluogo dopo l’ultima eruzione, che conta oltre ventimila abitanti. La Papua Nuova Guinea si trova in un’area vulcanica ma anche tettonica molto attiva, e visto il contesto geologico e la posizione geografica, si rende inospitale e gli insediamenti sono piuttosto scarsi. Paragonare la caldera di Rabaul ai Campi Flegrei (al contrario, densamente abitata) è quindi un azzardo, mentre può essere utile studiarne il suo comportamento vulcanico più recente (perché sono quelle più simili alle nostre) per un confronto con quanto accade da noi e teorizzare quindi i possibili scenari eruttivi.

La caldera attuale di è formata nel corso di due eruzioni vulcaniche che ebbero luogo 7.100 e 1.400 anni fa. Al suo interno sono presenti tre piccoli vulcani (tra cui il Rabalanakaia, oggi estinto) e numerose fessure vulcaniche. Uno di questi è il Vulcan, che si formò nel 1878 in seguito a un’eruzione esplosiva, che nel 1937 eruttò insieme al Tavurvur, uccise 507 persone e causò ingenti danni alla città. Nel 1983 e nel 1984, la città di Rabaul fu ricoperta di ceneri per una nuova eruzione piroclastica. Poi seguì una fase di calma fino al 1994, quando i vulcani Tavurvur e Vulcan eruttarono di nuovo, coprendo la maggior parte della città e costringendo a un’evacuazione dei circa 50mila abitanti. Ampie porzioni della città furono distrutte dalle ceneri dell’eruzione e le fotografie satellitari hanno mostrato una nuvola che trasportava polvere vulcanica verso ovest, su gran parte della Nuova Guinea. Le successive forti piogge hanno trasformato la cenere in fango che si è asciugato fino a essere quasi duro come il cemento. I tetti di molti edifici sono crollati per il peso della cenere. Un piccolo flusso di lava vicino al Tavurvur eruttò per circa 25 giorni e ci furono flussi piroclastici saturi di gas.

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Nonostante il grande pericolo di questa eruzione, solo cinque persone morirono: quattro per il crollo dei tetti, e una persona fu colpita da un fulmine. Il motivo è che i vulcanologi si aspettavano l’eruzione, anticipata da un intenso bradisismo. Avevano educato gli abitanti ai pericoli e persino praticato esercitazioni. Quando iniziarono intensi terremoti la notte prima dell’eruzione, i vulcanologi e i funzionari governativi evacuarono la città prima che iniziasse l’eruzione. 

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