Nessuna tregua nella guerra tra Trump e Twitter.
Neanche il tempo di rifarsi una vita social, che l’uccellino bianco di Jack Dorsey la stronca già.
Tutto nel giro di una manciata di ore: l’ex presidente lancia la sua nuova piattaforma, «Dalla scrivania di Donald J. Trump»; su Twitter appare un profilo @DJTDesk, che fa incetta di tantissimi seguaci in pochissimi istanti; puntuale arriva la mannaia che sa tanto di censura e, puf, l’account sparisce.
Tempestivo arriva pure un comunicato ufficiale, con cui la stessa società di San Francisco spiega di non poter tollerare contenuti che rimandino in qualsiasi modo a profili sospesi o peggio ancora bloccati.
Incredibile nell’incredibile, il colpo di scena rivelato dal New York Post: né Trump né il suo staff c’entrano assolutamente nulla con questa nuova iscrizione, che sarebbe invece stata opera di un utente rimasto nell’anonimato.
Poco importa, tolleranza zero: non c’è spazio per il tycoon, non c’è spazio per le sue idee, non c’è spazio nemmeno per quelle di 74 milioni di elettori che lo hanno votato lo scorso novembre.
Twitter fa quadrato attorno alla decisione, figlia della rivolta di Capitol Hill e del conseguente rischio di nuove insurrezioni e di nuove violenze.
Nel frattempo una eco arriva da Facebook, il cui “tribunale” si è appena pronunciato a favore di un’ulteriore sospensione della durata di 6 mesi.
Trump che non si arrende e che viceversa quasi sguazza nelle vesti del martire, sognando un grande ritorno 2024 che in molti danno oramai addirittura per scontato.
«La libertà d’espressione è stata portata via al presidente degli Stati Uniti, ma la verità tornerà più grande e più forte che mai».
La sua verità, eventualmente.
Sui suoi social, al massimo.
