Usa 2024, Donald Trump incriminato e furioso: vola nei sondaggi… grazie ai processi?

L’ultima rilevazione dell’emittente radiotelevisiva Cbs piazza Donald Trump al 61% dei favori tra gli elettori repubblicani

Donald Trump
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di Luca Marfé
Lunedì 12 Giugno 2023, 18:33 - Ultimo agg. 14 Giugno, 07:12
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Trump vola nei sondaggi nonostante i processi.
Trump vola nei sondaggi…grazie ai processi?

La domanda è lecita, i numeri parlano chiaro.

A fronte dell’ennesima incriminazione, questa volta addirittura federale, l’ex presidente e la sua ascesa di popolarità non conoscono comunque ostacoli né freni. E anzi accelerano.

L’ultima rilevazione dell’emittente radiotelevisiva Cbs piazza Donald Trump al 61% dei favori tra gli elettori repubblicani. Un dato enorme, che rende quasi inutile la discesa in campo del governatore della Florida Ronald DeSantis, staccato di ben 38 punti, lento al 23%. Per non parlare poi di tutti quanti gli altri, con il senatore Tim Scott, l’ex vicepresidente Mike Pence, e l’ex ambasciatrice alle Nazioni Unite Nikki Haley, davvero lontanissimi, ristagnanti in una palude di 3 o 4 punti percentuali.

Deboli al punto da non dover essere oggettivamente neanche considerati.

Insomma: Trump, Trump, Trump.

Trump su tutte le prime pagine dei giornali, Trump in tutte le prime serate televisive, Trump ovunque sui social.

L’unica grande certezza è che in America si parla solo e soltanto di lui.

E questo, sotto al tendone del grande circo politico-mediatico, rappresenta di fatto un vantaggio colossale. Vantaggio che si materializza nei sondaggi e nei numeri, appunto. Tra i suoi elettori, nel loro entusiasmo. Nella loro voglia di rivalsa, nel loro desiderio di rivincita. Con l’ombra ancora lunga delle ultime elezioni che non esitano a definire truccate, e con l’orizzonte di un 2024 oramai prossimo, vicinissimo. Con un Joe Biden che viceversa appare stanco, in primis per una mera ragione anagrafica, costretto a scontrarsi con sacche di resistenza interne al suo stesso partito, che si esprimono persino attraverso le parole dell’amica Hillary Clinton («È troppo vecchio», citazione bomba).

Che sia la giustizia, dunque, la chiave per vincere questa partita?

In un Paese che possa anche soltanto lontanamente definirsi civile e democratico, è pericoloso anche soltanto pensarlo.

E dopo i buchi nell’acqua di un Russiagate, di due impeachment e di altre incriminazioni, nessuno al mondo dovrebbe poterlo capire meglio di noi italiani. Con la vicenda di un certo Silvio Berlusconi che spiega bene la lezione della Storia.

L’accanimento giudiziario non porta a nulla, e anzi produce solidarietà attorno alla figura della vittima, vera o presunta che sia.

Non è un’opinione personale.
È, molto più semplicemente, prendere atto del fatto che certi meccanismi abbiano consentito proprio a Berlusconi di rimanere ai vertici del potere, e della vita politica del Paese, per circa trent’anni.

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Le regole del gioco americano non consentono a The Donald una tale longevità.

Ma gli stessi identici meccanismi lo pongono di nuovo lì, in prima linea, pronto a giocarsi la sua rivincita, pronto a riprendersi la Casa Bianca.

Ludovico Ariosto lo avrebbe intitolato così: “Il Trump furioso”.
E c’è ancora, per l’ennesima volta, da tenerlo d’occhio.

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