Ucraina, Amendola: «Draghi e i leader europei primi costruttori di pace»

Ucraina, Amendola: «Draghi e i leader europei primi costruttori di pace»
di Generoso Picone
Giovedì 12 Maggio 2022, 07:51 - Ultimo agg. 16:21
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Al settantasettesimo giorno di guerra tra Ucraina e Russia, Mario Draghi ha portato nella sala ovale della Casa Bianca la parola pace. Enzo Amendola, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei rileva come «dall'incontro alla Casa Bianca tra Joe Biden e Mario Draghi riecheggia forte innanzitutto la parola unità: l'unità dell'Unione europea e la collaborazione con i suoi alleati Nato, nel tentativo di porre fine all'atrocità della guerra causata dalla Russia».

Draghi ha spiegato al presidente Joe Biden che sono i popoli dell'Europa, rimasta unita nonostante i vari tentativi di divisione, a volere che si ponga fine a questa macelleria, come ha detto usando un termine anche forte. Il presidente del Consiglio italiano, insomma, si è assunto la responsabilità di farsi interprete della diplomazia dei negoziati. Con quali esiti? Ha davvero ricevuto una sorta di investitura ad aprire un dialogo con Mosca e Kiev?
«Mario Draghi interpreta, con i leader europei a partire da Emmanuel Macron, l'esigenza di riaprire un negoziato credibile, sostenendo le posizioni ucraine e aiutando la presidenza di Volodymyr Zelensky a resistere all'invasione militare. Dobbiamo testardamente chiedere che si riapra la trattativa, sapendo bene che, se non ci fosse stata la resistenza ucraina sostenuta da tutti noi, oggi lo scenario sarebbe stato più drammatico. Probabilmente avremmo visto la decapitazione politica dei vertici ucraini e una possibile annessione russa».

Considera possibile che negli Stati Uniti l'iniziativa di Draghi possa consentire all'anima trattativista americano di prevalere su quella intransigente e rigida dei cosiddetti falchi?
«Draghi, così come il cancelliere tedesco Olaf Scholz e altri, indicano la direzione necessaria per porre fine al conflitto.

Con gli Usa c'è una stretta alleanza, già consolidata dalla presenza di Biden al Consiglio europeo di Bruxelles di poche settimane fa. Ciò non toglie che noi europei abbiamo una responsabilità politica maggiore nel costruire la pace. La guerra è nel nostro continente, la Russia è un nostro vicino e l'unità creata attorno al diritto alla sovranità di Kiev ha bisogno, adesso, di una strategia libera da escalation retoriche e pronta a una trattativa che fermi i bombardamenti».

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Mentre Draghi era a Washington, il presidente francese Emmanuel Macron e il presidente cinese Xi Jinping si sono dichiarati d'accordo sul fatto che tutte le parti interessate dovrebbero sostenere la Russia e l'Ucraina per ripristinare la pace attraverso i negoziati. Si tratta di due confronti che pongono in primo piano il ruolo dell'Europa per una soluzione negoziale. Lei crede che ci siano davvero le condizioni affinché ciò avvenga e come su quale base immagina che si possa sviluppare questa funzione?
«Bisogna rimanere ai fatti: il tavolo negoziale è stato congelato dalla Russia. Ancora ieri Zelensky ha chiesto di riaprirlo e di porre fine a un'avanzata militare che rischia di essere lunga e senza gli esiti programmati da Putin. L'Europa, con i suoi leader, ha l'interesse e la forza per esercitare la massima pressione su Mosca e moltiplicare gli spiragli necessari a percorsi che portino al cessate il fuoco. Ripeto, tuttavia, come ha detto Macron, nessuno spirito di vendetta o di umiliazione per accedere alla negoziazione. Occorre domandarsi quale tipo di pace voglia l'Ucraina e perseguirlo, senza imposizioni esterne».

Biden ha riconosciuto all'Europa il merito di aver svolto assieme alla Nato un gran lavoro. Draghi aveva richiamato la necessità di rivedere i trattati e di aggiornare il ruolo dell'Europa alla luce delle nuove esigenze. L'altro giorno a Ventotene si è celebrato l'anniversario del Manifesto di Ventotene. Ritiene che la nuova Europa possa partire da questi valori, magari anche assumendo un atteggiamento critico verso la politica della Nato?
«L'Europa ha vinto i demoni delle guerre mondiali attraverso il Manifesto di Ventotene e la dichiarazione di Schuman, mettendo insieme interessi comuni a partire dall'energia. Dopo 70 anni di pace, sconfiggere di nuovo lo spirito maligno della guerra significa rafforzare sempre di più il nostro continente, prevedendo maggiore integrazione in settori come l'energia, la difesa e la politica estera, le politiche economiche e di coesione, utilizzando strumenti nuovi. Per questo, cambiare i trattati non è un dibattito tra giuristi, ma esprime il coraggio di rendere l'Europa un attore globale, capace di rispondere alle crisi contemporanee e alla competizione internazionale con più politica e meno procedure».

Dall'Europa all'Italia: Draghi così ha ricompattato anche le varie forze che sostengono il suo governo?
«Draghi esprime un sentimento popolare diffuso. La coesione tra le forze politiche, anche di opposizione, è necessaria per rispondere alle ansie e agli effetti economici del conflitto che si riversa su larghi settori della società italiana. Lavorare per la pace in Europa e proteggere cittadini, imprese e lavoratori colpiti dagli effetti economici di questa fase storica è un valore che non appartiene soltanto a Draghi o ad alcuni partiti, ma è un dovere di tutti».
 

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