L'Università falsifica i test di medicina per escludere le donne: «Abbandonano la carriera per i figli»

L'Università falsifica i test di medicina per escludere le donne: «Abbandonano la carriera per i figli»
L'Università falsifica i test di medicina per escludere le donne: «Abbandonano la carriera per i figli»
di Silvia Natella
Sabato 4 Agosto 2018, 12:54 - Ultimo agg. 13:01
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Alla facoltà di Medicina dell'Università del Giappone non esiste parità di genere e non perché le donne siano meno predisposte agli studi e alla professione, ma perché negli anni è stata messa in atto una sistematica operazione volta a discriminarle. Le donne che avevano presentato domanda non sono riuscite a superare i test di ammissione perché gli esami sono stati volutamente falsificati. 


In pochi anni il numero delle studentesse iscritte a Tokyo è passato dal 38 al 18 per cento per la paura che in futuro potessero abbandonare la carriera e pensare ai figli e alla famiglia. Sarebbe questa la motivazione alla base di questa operazione, secondo quanto riferito dai media locali e riportato dall'Independent.


Il quotidiano Yomiuri Shimbun spiega che la Tokyo Medical University ha manipolato i risultati degli esami di ammissione delle donne dal 2011 per limitare il loro accesso sempre più in crescita. A sostenere questa ipotesi le testimonianze di fonti anonime. 

Tutto è uscito allo scoperto dopo che un ex direttore era stato accusato di aver fatto ammettere il figlio di un burocrate in cambio di alcuni favori. Le indagini nell'ateneo hanno scoperchiato ben più "bollenti pentole". Il Dipartimento per gli affari pubblici dell’Istruzione ha dichiarato che i funzionari non erano a conoscenza dell'escamotage. 

«Invece di preoccuparsi delle donne che lasciano il lavoro, dovrebbero fare di più per creare di creare un ambiente in cui le donne possano continuare a lavorare», ha dischiarato Yoshiko Maeda, il capo dell’Associazione medica delle donne del Giappone. «Abbiamo bisogno - ha aggiunto - di una riforma in stile di lavoro, che non sia solo per prevenire morti da superlavoro, ma per creare un posto di lavoro in cui tutti possano svolgere il meglio delle loro capacità indipendentemente dal genere».

 
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