Nessuna sorpresa: altro giro, altra corsa, altra vittoria.
Le primarie repubblicane sono sempre più a senso unico, e l’unico nome puntualmente in cima alla lista è quello di Donald Trump.
Il trionfo in Michigan è l’ennesima conferma contro una Nikki Haley che insiste, ma che oggettivamente non ha più chance. E assume un valore particolarmente emblematico perché particolare è il ruolo di questo Stato. Swing State per eccellenza, qui Joe Biden ha vinto nel 2020, ma con un margine davvero minimo: solo 150mila voti. Con la destra agitatissima proprio su questo punto, tra sospetti di brogli elettorali e accuse che la giustizia (che il Partito Democratico) abbia provato a cancellare il nome di Trump dalle liste, pur di evitare il confronto delle urne.
Urne che gridano un 70% tondo, e vele del tycoon spiegate verso il Super Tuesday del 5 marzo, giornata già storica durante la quale si voterà in ben 17 Stati contemporaneamente, e insomma si chiuderà definitivamente questa partita per la nomination.
Biden annaspa, incassa la protesta degli operai metalmeccanici, e Trump lo incalza nel suo discorso di ringraziamento: «Ha demolito il destino dell’industria automobilistica, in generale ha distrutto il nostro Paese», e così a suon dei soliti slogan di...rendere l’America di nuovo grande.