Atreju, Meloni-Sunak-Rama patto a tre contro i clandestini: «Decidiamo gli ingressi»

La festa di Fratelli d’Italia a Roma, all’ombra di Castel Sant’Angelo

Atreju, Meloni-Sunak-Rama patto a tre sui migranti: «Decidiamo gli ingressi»
Atreju, Meloni-Sunak-Rama patto a tre sui migranti: «Decidiamo gli ingressi»
di Francesco Bechis
Domenica 17 Dicembre 2023, 00:03 - Ultimo agg. 13:33
5 Minuti di Lettura

La piazza e il palazzo. Va in scena in due atti la terza giornata di Atreju, la festa di Fratelli d’Italia a Roma, all’ombra di Castel Sant’Angelo, ieri teatro di una passerella di personalità internazionali: il visionario patron di Space X Elon Musk, il premier britannico Rishi Sunak e il presidente albanese Edi Rama. Giorgia Meloni li accoglie uno ad uno, si divide tra i tendoni di Atreju e Palazzo Chigi. Ma è qui, nei suoi uffici, che la premier mette la firma sul vero evento della giornata. Un patto a tre - Italia, Regno Unito, Albania - per frenare i flussi migratori del Mediterraneo e combattere i trafficanti di esseri umani. 

GLI IMPEGNI

Nel primo pomeriggio, dopo un pranzo di lavoro fra i tre leader, il governo annuncia due novità sul fronte migratorio. Da un lato il co-finanziamento di «un primo progetto italo-britannico di rimpatri volontari assistiti nei paesi di origine predisposto dall’Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) a favore di migranti bloccati in Tunisia». Fondi da Roma e Londra per finanziare la spola di aerei che dal Nord Africa riporta nei Paesi di origine le migliaia di migranti stazionati tra Tunisi e la costa. 
Dall’altro l’intesa a tre, insieme a Rama, per «intensificare ulteriormente la collaborazione fra i tre Paesi nel contrasto dei trafficanti di esseri umani».

Non è una rivoluzione copernicana ma un nuovo tassello della strategia italiana per tamponare gli arrivi dal Mediterraneo guardando oltre il perimetro dei Paesi europei. Sunak e Rama, il capo dei Tories e il volto dei socialisti albanesi, sono leader con diversissime sensibilità politiche. Ma condividono con Meloni un approccio pragmatico al problema migratorio che il governo italiano non ritrova nei lunghi e faticosi negoziati europei per rinnovare le regole sugli ingressi in Ue. Dal palco di Atreju la sintonia è palpabile. Vince l’applausometro della destra italiana Rishi Sunak. Il premier britannico si presenta nell’affollatissima sala intitolata alla poliziotta Emanuela Loi, uccisa nella strage di Capaci, e scalda la platea. «Date il benvenuto a un amico dell’Italia e mio personale», dice Meloni presentandolo sul palco per poi prendere posto in prima fila accanto al leader spagnolo di Vox Santiago Abascal, che interverrà oggi. “Rishi” ricambia e alza la posta. Ringrazia «Giorgia» per la sua «leadership a livello globale e internazionale» e benedice il modello italiano declinato nel Patto con l’Albania sui migranti. «Dobbiamo interrompere il modello di business delle gang criminali, decidere noi, non loro, chi entra nel nostro Paese. E se questo ci richiederà di aggiornare le nostre leggi e di avere conversazioni a livello internazionale per creare un framework sull’asilo politico dobbiamo farlo». Ben vengano gli hotspot e i centri di raccolta al di fuori dell’Ue, spiega in sostanza Sunak in un crescendo retorico che arriva a scomodare niente meno che l’ex Lady di ferro Margaret Thatcher: «Non si è mai tirata indietro, anche quando lo scontro si faceva duro. Dobbiamo applicare il radicalismo al tema dell’immigrazione illegale e non mettere la testa sotto la sabbia». E ancora: «Andate a Lampedusa, dove il 50% degli immigrati è arrivata quest’anno: non è più sostenibile, non è corretto ed è immorale». Certo la via italiana per «esternalizzare» il controllo dei flussi è lastricata di ostacoli. Come la sentenza della Consulta albanese che rischia di congelare per mesi l’accordo fra Roma e Tirana per costruire due centri per i rimpatri nel Paese balcanico. Un guaio anche in vista delle Europee. 

LE REAZIONI

Da Atreju Rama smorza, in perfetto italiano: il patto «non è incostituzionale» e per questo il premier è «fiducioso» che il niet della Corte venga meno. Allo stop dei giudici albanesi si unisce il coro delle opposizioni italiane che cannoneggiano il patto Meloni-Rama, «è un pasticcio risibile», dice il governatore dem Stefano Bonaccini, mentre la segretaria Elly Schlein sfida Meloni a un confronto tv prima del voto Ue di giugno, «dove vuole lei, non ho paura». Per Rama, veterano socialista sempre più distante però dalla famiglia dei socialisti Ue in cui milita il Pd, si è fatto «un rumore sproporzionato sulla storia». Meloni applaude, prima di scortare l’ospite a Palazzo Chigi. 

Nel via vai trova il tempo, nell’area riservata dietro al palco, per un lungo incontro con Elon Musk. Si parla di politiche famigliari, demografia, ma soprattutto di Intelligenza artificiale e come regolarla. Una partita che la premier, convinta della necessità di imporre regole chiare alle big tech, affronterà in una riunione di maggioranza questa settimana. Ora la testa è tutta ad Atreju e al grande finale in programma per oggi. Meloni ha limato il discorso che chiuderà la seconda edizione della festa dei “patrioti” da quando la destra di via della Scrofa è entrata nella stanza dei bottoni. E tutti si chiedono se sarà questa l’occasione per annunciare, o far presagire, la discesa in campo della leader nella campagna per le Europee per spostare voti ed equilibri, a Roma come a Bruxelles.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA