Avanti, ma con cautela. La ministra Marta Cartabia prova a togliere dalle secche l'ultimo e più complicato pacchetto di riforma della giustizia recandosi a Palazzo Chigi dove incontra Mario Draghi e dopo, a lungo, Roberto Garofoli, sottosegretario alla presidenza. Due gli scogli da superare: la riforma del sistema di elezione del Consiglio Superiore della Magistratura e le regole che dovrebbero fermare le porte girevoli tra politica e giustizia.
Nella maggioranza le spaccature restano profonde e anche nella magistratura non c'è intesa, al punto che l'Anm non è riuscita a presentare una proposta alternativa a quella elaborata dalla Cartabia che spinge per un sistema elettorale maggioritario seppur temperato.
Dopo i rinvii delle scorse settimane, il tempo stringe se si vuole evitare di tornare ad eleggere i componenti del Csm, che scade a luglio, con le vecchie regole che conferiscono alle correnti i poteri spartitori rivelati dalla vicenda-Palamara. È difficile che le proposte della ministra possano planare già sul consiglio dei ministri di giovedì, ma Draghi punta a stringere in modo che la ministra possa presentare gli emendamenti quanto prima. La Commissione Giustizia della Camera inizierà a votare dalla prossima settimana quelli presentati dalla forze politiche e in Aula la riforma è attesa per i primi di marzo, ma l'intesa è ancora lontana. Si lavora sul testo presentato a suo tempo dal ministro Bonafede che aveva licenziato la riforma nel consiglio dei ministri presieduto da Giuseppe Conte. Nell'attuale esecutivo le posizioni sono ancora più distanti anche se sulla questione dello stop al via-vai dei magistrati tra toga e politica, è il Pd a cercare soluzioni più diluite e non il M5S. Dopo tre ore di incontri, la ministra lascia Palazzo Chigi con un laconico «stiamo lavorando» che fa pensare che i tempi non siano brevissimi e che possa concretizzarsi anche quel rinvio della scadenza dell'attuale Csm che rappresenterebbe una sconfitta per la politica e per il Parlamento che di recente si è sentito rivolgere dall'appena rieletto Sergio Mattarella un nuovo invito a stringere i tempi.
La proposta messa a punto dalla Cartabia prevede un sistema elettorale maggioritario binominale a preferenza unica, con un correttivo che premia i migliori terzi in modo da assicurare la presenza delle minoranze.
Dopo il caso di Catello Maresca, ex pm antimafia di Napoli che - dopo essersi candidato a sindaco della città e aver perso è tornato ad indossare la toga a Campobasso pur conservando il seggio in consiglio comunale - si cerca di porre un'argine al malcostume. Nel ddl Bonafede si prevede una soluzione drastica che impedisce alla toga il rientro in magistratura al termine dell'incarico politico. Ma il Pd è invece favorevole al rientro pur con cinque anni senza incarichi direttivi e in un altro distretto.
Viste le distanze, è probabile che alla fine il governo decida di rinviare l'intesa al Parlamento senza sollecitare, quindi, un voto in consiglio dei ministri.