Election day il 20 settembre, le Regioni contro il governo

Election day il 20 settembre, le Regioni contro il governo
di Adolfo Pappalardo
Mercoledì 27 Maggio 2020, 08:00 - Ultimo agg. 28 Maggio, 07:32
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Sulla data delle elezioni regionali, ora fissata il 20 e 21 settembre, è ancora scontro tra governo e Regioni. Date che emergono dopo una riunione a Palazzo Chigi tra il premier Conte con i capi delegazione della maggioranza e i ministri Luciana Lamorgese e Francesco Boccia. Stessa data, quindi, anche per le comunali e il referendum sul taglio dei parlamentari.

«Le date del 20 e 21 settembre per un possibile Election Day sono l'ipotesi al momento più probabile, ma su cui non è stato ancora raggiunto un accordo con le Regioni», chiarisce nel pomeriggio il sottosegretario all'Interno Achille Variati. E, infatti, a stretto giro arriva un documento durissimo della Conferenza delle Regioni firmato dal presidente Stefano Bonaccini e il vicepresidente Giovanni Toti, rispettivamente governatori dell'Emilia-Romagna a guida centrosinistra e della Liguria amministrata dal centrodestra. «Leggiamo le dichiarazioni del rappresentante del governo che parla di accordo sulla data del voto il 20 settembre. Ma in realtà non c'è stato alcun accordo formale», affermano i due ricordando anzi che «cinque delle sei Regioni chiamate alle urne avevano indicato ufficialmente altre date: il 26 luglio, il 6 settembre o al massimo il 13 settembre. Il 20 settembre è una data dunque che non era ricompresa tra quelle indicate, che peraltro impedisce la riapertura di un anno scolastico, già di per sé molto difficile». Inoltre, osservano «si tratta di una data a ridosso di ottobre, mese nel quale, stando alle relazioni del Comitato tecnico-scientifico del governo, potrebbe riproporsi il Covid e cade ben quattro mesi dopo la scadenza naturale delle legislature regionali: mentre i cittadini stanno ormai tornando ad una vita normale, agli stessi viene impedito per quattro mesi di votare». Dunque, concludono i governatori, «la decisione del governo va contro ogni pronunciamento delle Regioni su una loro specifica competenza».

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È ancora braccio di ferro, quindi, anche se oggi alle 14 riprenderà l'esame del decreto Elezioni in commissione Affari costituzionali della Camera. L'obiettivo è di chiudere il provvedimento e votare il mandato al relatore entro le 19 e farlo approdare in Aula domani, dopo la richiesta di slittamento di un giorno fatta dal presidente della commissione Giuseppe Brescia al presidente Fico. Il tempo necessario per cercare un'intesa anche con le opposizioni a cui pure non piace la data. «Forza Italia giudica improponibile l'evenienza di celebrare le elezioni regionali e comunali a fine luglio e nel mese di settembre. Non penalizziamo ulteriormente il comparto del turismo e fissiamo la data del voto per il 4 e 5 ottobre», dice infatti Mariastella Gelmini, capogruppo alla Camera. E così Fdi e Lega. «Consideriamo la prima data utile per votare il 27 settembre, così da avere il tempo adeguato per consentire a tutti di raccogliere le firme e di svolgere la campagna elettorale», tuona infatti Giorgia Meloni.
 


In questa regione il governatore uscente De Luca pure è della convinzione di votare al più presto, anche a fine luglio. Ma, con il passare delle ore, l'ex sindaco di Salerno si va rasserenando sul fato che, tutto sommato, anche settembre va bene. Anche perché il centrodestra si ritrova in un cul de sac e solo domani, dopo un incontro tra i leader nazionali, potrà essere più chiara la situazione. Al momento, infatti, Forza Italia rimane ferma sul nome di Stefano Caldoro e non ha assolutamente intenzione di fare un passo indietro rispetto alle pressioni della Lega o della minoranza interna legata a Mara Carfagna. Mentre Fratelli d'Italia si mantiene sul neutrale, desiderosa come è solo di confermare la candidatura di Raffaele Fitto in Puglia.

E anche la corsa solitaria del magistrato Catello Maresca non sembra aver scompaginato più di tanto i giochi. «Non entro nel toto-nomi dei candidati al governo della regione, come Lega siamo organizzati per costruire una fase di ascolto per tutte le tematiche che emergono dai territori e ci concentriamo su questo», si tira infatti fuori Gianluca Cantalamessa, deputato della Lega commentando la ventilata candidatura del pm anti-camorra. Maresca, infatti, punta a una corsa civica lontano dai partiti. O, al massimo, dovrebbero essere quest'ultimi ad accodarsi sul nome del magistrato. Ma la strada rimane lunga e impervia. Anzitutto sinora non c'è stato alcun contatto con vertici e dirigenti di partito e sembra impensabile che lo seguano rinunciando ai propri simboli per appoggiare un esterno. Da qui una certa tranquillità del centrodestra che ufficialmente, a parte l'ex ministra azzurra Mara Carfagna, preferisce non esprimere commenti e, in generale, esporsi su Maresca. E così i grillini, a cui il nome piace, che però affideranno tutte le scelte su un nome alla votazione interna. 

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Mentre il centrosinistra a trazione deluchiana conferma la sua rotta. «Nei prossimi giorni convocherò il tavolo della coalizione che sosterrà la ricandidatura del presidente Vincenzo De Luca, per delineare il programma dei prossimi cinque anni che intendiamo realizzare in Campania», dice il segretario regionale Pd Leo Annunziata che dà pure una stoccata ai renziani sul Comune di Napoli: «Lasciamo le polemiche inutili e strumentali agli altri». 

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