Elezioni Quirinale, delegati delle Regioni più a destra che a sinistra: così possono spostare gli equilibri

Elezioni Quirinale, delegati delle Regioni più a destra che a sinistra: così possono spostare gli equilibri
Elezioni Quirinale, delegati delle Regioni più a destra che a sinistra: così possono spostare gli equilibri
di Giovanni Diamanti
Venerdì 14 Gennaio 2022, 22:20 - Ultimo agg. 21 Febbraio, 21:42
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Il voto per scegliere il nuovo inquilino del Quirinale si avvicina, e le stime più aggiornate prevedono una sostanziale divisone a metà tra parlamentari del centrodestra e i parlamentari del centrosinistra. Tuttavia, la divisione del parlamento più o meno alla pari ma senza maggioranza è il simbolo e l’eredità di un bipolarismo che, pur essendo tornato in auge dopo l’asse che ha unito il MoVimento 5 Stelle e il centrosinistra, è rimasto imperfetto, incompiuto.

In un simile contesto, se non si troverà un nome di larghissime intese, ogni singolo movimento in una direzione o nell’altra può acquisire un inaspettato peso politico. 

Ecco quindi spiegato il motivo dell’attenzione mediatica (e delle relative polemiche) degli ultimi giorni per le scelte sui delegati regionali, che in questa occasione possono potenzialmente spostare gli equilibri, o quanto meno favorire un candidato sull’altro.

In un Parlamento eletto nel 2018, quando gli equilibri politici (e gli schieramenti in campo) erano ben diversi da quelli di oggi, con un MoVimento 5 Stelle egemone, la scelta dei delegati regionali rispecchia invece gli orientamenti elettorali del Paese degli ultimi anni. 

Nel biennio 2018-2019, dopo le elezioni politiche, andarono al voto nove regioni, per un risultato complessivo di 8 a 1 per il centrodestra, che venne sconfitto solo da Nicola Zingaretti nel Lazio e che vinse, una dopo l’altra, Lombardia, Molise, Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo, Sardegna, Basilicata, Piemonte, Umbria.

Erano gli anni dell’ascesa salviniana, del trionfo della Lega alle Europee e del crollo pentastellato. Il successivo riequilibrio in occasione delle elezioni regionali 2020, quando nel corso dell’anno il centrosinistra e il centrodestra vinsero ciascuno quattro regioni, non basta a pareggiare una tendenza decisamente favorevole alla coalizione conservatrice, che infatti esprimerà la netta maggioranza dei rappresentanti indicati dalle Regioni. Sulla carta, il Partito Democratico sarà la forza politica di riferimento del maggior numero di delegati: al momento ne ha eletti 14, e verosimilmente aumenteranno. 

Il centrodestra è invece più spezzettato, ma a livello di coalizione prevale nettamente: la Lega ha 10 rappresentanti, 7 Forza Italia, 5 Fratelli d’Italia, 2 l’Udc, 1 Coraggio Italia, 1 Diventerà Bellissima, 1 il Partito Sardo d’Azione. Mentre, al più, ai voti dei Dem si possono sommare i 4 delegati del MoVimento 5 Stelle. Sono dati parziali, non tutte le regioni hanno già scelto i propri cosiddetti “Grandi elettori”, ma i rapporti di forza iniziano a delinearsi. 

I delegati regionali sono evidentemente uno degli assi nella manica del centrodestra, e in particolar modo di Berlusconi, che conta di sovvertire le previsioni che lo vedono fermo al di sotto della maggioranza assoluta. E per questa ragione le tattiche messe in campo nelle singole regioni dalle maggioranze conservatrici sono talvolta spregiudicate: in Lombardia, il centrodestra è intervenuto nella scelta del rappresentante delle opposizioni, favorendo il grillino Violi al posto del capogruppo del Pd, primo gruppo di opposizione; in Sicilia, il presidente Musumeci è stato vittima dei franchi tiratori interni alla coalizione ed è arrivato terzo nella votazione, finendo lontano dal forzista Micciché, il più votato, e dietro anche al candidato grillino. 

Ma il voto per il Quirinale, si sa, è una lectio magistralis di tattica parlamentare, e passa anche per queste schermaglie.

In un parlamento ben lontano dal rappresentare gli attuali orientamenti del Paese, il voto delle regioni darà quindi una leggera spinta al centrodestra. Sulla carta, non pare decisiva, parliamo pur sempre di tre delegati per regione, uno dei quali spetta all’opposizione. Ma in un contesto in cui l’elezione dell’uno o dell’altro papabile candidato si gioca su poche decine di voti, questa spinta potrebbe avere un peso inaspettato. 

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