Governo, Mattarella sfida Di Maio e il M5S: «Portatemi una coalizione»

Governo, Mattarella sfida Di Maio e il M5S: «Portatemi una coalizione»
di Alberto Gentili
Venerdì 6 Aprile 2018, 07:00 - Ultimo agg. 13:27
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«Non c'è nessuna intesa, serve tempo». Sergio Mattarella, al termine del primo giro di consultazioni, dopo aver visto Luigi Di Maio e Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Maurizio Martina, fissa il time-out. Tutto rinviato alla prossima settimana, quando le delegazioni dei partiti riprenderanno il pellegrinaggio sul Colle. E quando, forse, sarà più maturo il percorso per battezzare in Parlamento un'intesa di governo.
 


Al Quirinale non nascondono che la strada sia impervia. E che le soluzioni e le posizioni siano «ancora molto distanti». Come è ben chiaro, in base alle dichiarazioni di Salvini e Di Maio, che al momento non esiste la prospettiva di un governo di tregua o di tutti caldeggiato dal Cavaliere e non escluso (a priori) dal Pd. «Ma vedremo cosa succederà se, tra un mese o un mese e mezzo, non sarà stato raggiunto alcun accordo politico. Nei colloqui nessuno ha detto di voler andare alle elezioni, Di Maio e Salvini per ora ne hanno parlato solo come ipotesi di scuola o come arma di persuasione...», racconta un politico di rango che in serata ha parlato con Mattarella. E aggiunge: «Il percorso adesso è però all'interno di un esecutivo politico. Il Presidente auspica che ognuno esca dalle convenienze di parte e responsabilmente cominci a lavorare, nell'interesse del Paese, per creare in Parlamento una coalizione di governo».
 
Coalizione. È questa la parola su cui il capo dello Stato, nello studio della Vetrata, ha indottrinato Di Maio e Salvini, tentando di spingere i due leader ad archiviare gli slogan («ho vinto, palazzo Chigi tocca a me») e i veti («Berlusconi non lo voglio». «Io invece non voglio il Pd»), scanditi finora. Di fatto una vera e propria lezione di diritto costituzionale, accompagnata dall'invito - pronunciato anche davanti ai giornalisti - a prendere atto che «le elezioni non hanno assegnato ad alcuna forza politica la maggioranza dei seggi in Parlamento» e dunque, «nessun partito e nessuno schieramento dispone di voti per formare un governo e sostenerlo». Perciò «è indispensabile che vi siano delle intese tra le parti politiche per formare una coalizione» capace di «far nascere un esecutivo». Della serie: scendete dal trono, nessuno ha vinto, il maggioritario non c'è più e siamo tornati nell'epoca del proporzionale, attrezzatevi dunque a mettere su una coalizione.

Il problema è che al momento, dopo il primo giro di consultazioni, Mattarella ha dovuto prendere atto che le divisioni si sono acuite e di un patto di coalizione non c'è traccia. Il Presidente ha ascoltato Berlusconi dire: «Mai con i 5Stelle». Ha sentito Salvini affermare, scegliendo una strada opposta: «Senza 5Stelle non si fa una maggioranza»). E il reggente dem Martina confermare la linea dell'opposizione. Infine, il capo dello Stato ha verbalizzato l'intenzione di Di Maio di tentare il «contratto alla tedesca» con «la Lega o con il Pd». Posizioni, appunto, che al momento non portano ad alcuna coalizione.

Da qui il time-out: «Farò trascorrere qualche giorno di riflessione, anche sulla base della esigenza di maggior tempo che mi è stata prospettata dalle diverse forze politiche», ha spiegato Mattarella. Questa pausa «sarà utile a me per riflettere sulle considerazioni che mi hanno rappresentato i partiti e a loro per valutare responsabilmente la situazione, le convergenze programmatiche, le possibili soluzioni per poter dare vita a un governo». Da qui un nuovo ciclo di consultazioni la prossima settimana «per verificare se è maturata qualche possibilità che oggi non si registra». Il capo dello Stato non ha fissato una data: il pellegrinaggio quirinalizio potrebbe slittare a venerdì, se non a sabato. In ogni caso il tempo concesso ai partiti non sarà infinito e non arriverà a dopo le elezioni regionali del 22 e 29 aprile in Molise e Friuli, come vorrebbero Salvini e Di Maio. Sul Colle si ritiene infondata questa pretesa. Perché per Mattarella contano sono i risultati del voto nazionale del 4 marzo. E perché il Paese non può aspettare per avere un governo le elezioni in due piccole Regioni.

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