Conti pubblici, il governo esclude trattative con la Ue: rispetteremo il 3%

Conti pubblici, il governo esclude trattative con la Ue: rispetteremo il 3%
di Mario Stanganelli
Martedì 19 Agosto 2014, 08:39 - Ultimo agg. 12:21
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Non in corso alcuna trattativa n pubblica n segreta con l’Europa e neppure alcun piano taglia debito. La dichiarazione attribuita a "fonti di palazzo Chigi" sembra voler sciogliere il nodo che in questi giorni ha assunto il carattere di un vero e proprio rebus su una presunta quanto sotterranea trattativa tra Bruxelles e il governo italiano per un’interpretazione meno rigida dei parametri del Fiscal compact e del Six pack per favorire una maggiore flessibilità sui conti dei Paesi Ue in difficoltà. Le stesse fonti ribadiscono che l’Italia farà la sua parte, come più volte annunciato da Renzi, «rispettando il vincolo del 3 per cento e senza aumentare la pressione fiscale». Altro punto sottolineato dal governo, strettamente in sintonia con la narrazione renziana della situazione economica dell’Unione, specie dopo la diffusione dei dati che evidenziano la battuta d’arresto della crescita in tutte le economie del continente, è che «non esiste un problema Italia in Europa: esiste un problema dell’Eurozona che l’Italia contribuirà ad affrontare».





Trattative o meno, nell’immediato, il lavoro per il governo resta traguardato alla scadenza del Consiglio europeo del 30 agosto, preceduto il 29 da un Consiglio dei ministri per lo "sblocca Italia". Nella riunione si vedrà se esistono quei margini di flessibilità che consentano di superare la rigidità dei parametri fissati dai vari trattati europei. Di qui le ricadute sulla legge di stabilità che tutti i Paesi Ue sono tenuti a presentare a Bruxelles in ottobre.



La strada che Renzi si trova davanti non è certo priva di ostacoli, e un avvertimento in questo senso è venuto ieri da Forza Italia che, in via informale, ha manifestato «forte preoccupazione» per quello che Berlusconi e i suoi leggono come l’avvio di «un vero e proprio attacco all’Italia, che il governo farebbe bene a non sottovalutare».



LE DUE ANIME DI FORZA ITALIA

Su questo giudizio pesa il ricordo dell’ostilità internazionale che a suo tempo circondò l’ex Cavaliere allora ancora in sella a palazzo Chigi, così come - si fa notare - alcuni articoli della stampa tedesca non precisamente benevoli nei confronti di Renzi. Ultimo tra i quali quello di Der Spiegel che per il premier italiano paventa una sorta di «effetto Obama», e cioè che alla «troppa euforia iniziale» seguano «risultati scarsi». Ed è in vista di una stagione non priva di insidie per Renzi, che in FI riemergono l’anima aperturista e quella di netta opposizione al premier e al suo governo. Della seconda si è fatto interprete ieri Paolo Romani dicendo che «diagnosi e terapie circa i mali da affrontare ci trovano assolutamente lontani dalle impostazioni governative». Quindi, per il capogruppo azzurro al Senato, «mancano oggi le condizioni minime per dare vita a una grande coalizione». Diverso l’atteggiamento di Brunetta e Matteoli. Il capogruppo alla Camera, infatti, afferma: «Poco importa che Renzi e il suo governo dicano di fare da soli. Quello che conta è il senso di responsabilità di FI. Noi abbiamo a cuore i problemi del Paese e se ci saranno provvedimenti per la salvezza dell’Italia li voteremo». Da parte sua Aletro Matteoli apre al confronto dicendo: «FI è pronta a dare il suo contributo. Renzi batta un colpo».



Delle difficoltà della situazione economica europea, e delle correlate preoccupazioni, è eloquente segnale l’allarme lanciato dalla Bundesbank, secondo la quale «le tensioni geopolitiche che, dopo la prima metà dell’anno, hanno offuscato le prospettive congiunturali dell’economia tedesca, possono mettere a repentaglio la ripresa» della stessa Germania. Situazione di rischio questa che, almeno teoricamente, potrebbe favorire un atteggiamento meno rigido di Berlino e della banca centrale tedesca nei confronti della Bce di Mario Draghi per possibili allentamenti monetari. Speranza condivisa senza dubbio dalla Francia, che ieri ha visto l’agenzia Moody’s tagliare di nuovo, a distanza di neppure un mese, le prospettive di crescita di Parigi, portandole da +0,6 a +0,5 per il 2014 e da +1,3 a +0,9 per il 2015.