BRUXELLES «Non si può dire sì a una riforma del Patto di stabilità che poi non si può rispettare». Giorgia Meloni gioca la carta del pragmatismo per costruire «una sintesi efficace ma ragionevole» alla vigilia del nuovo, complicato, round negoziale sulla revisione delle regole Ue sui conti pubblici, con i ministri delle Finanze dei Ventisette (per il governo ci sarà Giancarlo Giorgetti) in “conclave” da stasera a Bruxelles per sbloccare lo stallo e trovare l’intesa sul futuro Patto prima di fine anno.
LE POSIZIONI
Di fronte alla raffica di strette che irrigidiscono la proposta della Commissione quanto a taglio di debito e deficit, l’Italia, spalleggiata da Francia e mediterranei, insiste per un occhio di riguardo per gli investimenti: «Un’Europa seria dovrebbe tenere in considerazione nella nuova governance economica le strategie che si è data», ha detto Meloni a Rtl102.5, riferendosi ai fondi del Pnrr e per la transizione verde e digitale.
La presidenza spagnola, regista del negoziato che necessita l’unanimità, vuole chiudere in fretta, ma tra i governi rimangono molte differenze. C’è, anzitutto, l’introduzione di ulteriori paletti per garantire conti in ordine, voluta dai frugali e che non piace al Sud Europa (ulteriori salvaguardie per ottenere un rientro del debito di 0,5-1% l’anno e una riduzione del disavanzo ben oltre la soglia prevista dai Trattati del 3% in rapporto al Pil, fino a portarlo all’1,5%). Ma nelle trattative ci sono anche la flessibilità per guadagnare margini di manovra nel risanamento dei bilanci (per la deviazione dai piani si pensa allo 0,2-0,5% in un anno e allo 0,5-0,75% cumulato) e un timido ammorbidimento degli aggiustamenti nel bilancio strutturale primario; ipotesi che strizza l’occhio ai mediterranei, visto che dall’attuale 0,5% del Pil all’anno si passerebbe allo 0,3-0,4%, e addirittura allo 0,2-0,25% in caso di piano oltre i quattro anni.
GLI INTERESSI
Ma alla Germania e al Nord Europa, ad esempio, non piace l’esclusione delle spese per gli interessi da questo calcolo, su cui insiste soprattutto la Francia. Nodi irrisolti e valori numerici in sospeso sono in una bozza degli sherpa di Madrid che animerà la discussione alla cena di lavoro dei ministri che anticipa l’Ecofin. «Abbiamo tutta la notte per trovare la quadra», la battuta che circola. E se dovesse servire qualche giorno in più, si potrebbe andare ai supplementari. L’esecutivo di Berlino scommette sul «50% di possibilità» che si arrivi alla fumata bianca. Ma, avvertono fonti tedesche (pensiero condiviso da altri frugali), questa «non potrà aver luogo ad ogni costo».
E l’Italia? Antonio Tajani spiega: «La proposta attuale è migliore del vecchio patto ma ancora non basta. No a condizioni che mettono in difficoltà la nostra economia». Per l’Italia, il sì al Patto vuol dire anche sbloccare la ratifica della riforma del Mes: e oggi Giorgetti sarà invitato a un «aggiornamento» sul via libera parlamentare. I toni Ue, però, non suonano più perentori come un tempo, e il non detto è che se occorrerà ancora una manciata di mesi, l’Europa sarebbe paziente. Un inedito ospite chiamato a fornire «chiarimenti» sulla situazione dei conti del suo Paese è, invece, il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner: i partner Ue sono preoccupati dalle conseguenze per l’Eurozona del buco di bilancio di oltre 60 miliardi di euro creato un mese fa dalla bocciatura di alcune manovre nel budget federale da parte della Corte costituzionale. Una crisi che rischia di irrigidire ulteriormente la Germania sul Patto.