Quirinale, la partita a scacchi per il capo dello Stato: più arrocchi che attacchi

Quirinale, la partita a scacchi per il capo dello Stato: più arrocchi che attacchi
di Massimo Adinolfi
Sabato 22 Gennaio 2022, 11:22 - Ultimo agg. 16:31
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A chi tocca fare la prossima mossa? Come in una complicata partita a scacchi, è difficile trovare la combinazione vincente. Se si trattasse solo di indicare il nome giusto per il Colle, il Re (repubblicano) da incoronare, basterebbe scrutinare i curriculum. Ma ogni volta che si ragiona sul profilo si viene rimbalzati dalle qualità che un Capo dello Stato deve avere alla scacchiera politica su cui si gioca la partita. E per la quale è sempre più evidente che non basta una singola mossa per portare a casa il risultato: occorre prevedere un'intera sequenza, misurare i piani dell'avversario, individuare le case deboli, scegliere se giocare una lunga partita chiusa, oppure affrontarla a viso aperto e chiuderla il prima possibile. 

Il centrodestra è il Bianco, perché ha la prima mossa. Ma è fermo sul nome di Silvio Berlusconi, e in «Zeitnot»¸ cioè in ristrettezza di tempo, è difficile mantenere la lucidità necessaria per valutare tutte le possibili varianti. Berlusconi potrebbe farsi da parte, ma potrebbe anche, nel farlo, dare il la a una candidatura su cui invitare tutto il Parlamento a convergere. A scacchi si chiama «patta d'accordo», ma devono volerla tutti i giocatori in campo.
Berlusconi potrebbe fare il nome di Draghi, e prendersi così perlomeno il merito di aver rotto lo stallo di queste ore, vantando la propria centralità nell'incrocio che porta al Colle. È una mossa possibile, certo: la promozione a Regina del pedone che arriva fino in fondo alla scacchiera. Mossa persino desiderabile, per il Cavaliere, se significasse acquistare un credito per un futuro senatorato a vita. Ma bisogna mettere in fila anche le altre mosse, che dovrebbero seguire. Perché portare Draghi al Quirinale significa anche dar vita a un nuovo esecutivo. C'è dunque da scegliere un nuovo presidente del Consiglio, ma anche da dare risposte sulla legge elettorale, e sullo stesso centrodestra. Traduco: arroccare e mettere così in sicurezza del governo, e poi sviluppare il gioco nel resto della scacchiera. Ora, trovare un accordo sul nome del futuro premier non è cosa ovvia: non solo per le legittime aspirazioni di molti, ma perché la soluzione di mettere al posto di Draghi un tecnico significa chiedere alla politica un altro passo indietro. Che potrebbe essere compensato, altra mossa, da un rafforzamento della compagine ministeriale. Avamposti dei partiti nel governo, a presidiare le case centrali. Che cosa però succederà nel centrodestra, se, di nuovo, un pezzo rimarrà sulla scacchiera (Lega e Forza Italia), mentre un altro continuerà a restare fuori dal governo (Fratelli d'Italia)? La mossa del Cavallo di Matteo Salvini consiste nel puntare al Viminale.

Come una Torre, la tetragona Meloni tirerà dritto ugualmente, rivendicando la propria coerenza di forza di opposizione? E cosa succederà, se anche sulla legge elettorale l'anima centrista del centrodestra dovesse incoraggiare correzioni in senso proporzionale dell'attuale legge, sgraditissime a Fratelli d'Italia? Insomma, la tentazione Draghi, che va facendosi largo, ha per il centrodestra un costo. Un sacrificio di qualità, scacchisticamente parlando: cedo materiale, ma in cambio di qualche forma di compenso posizionale, che va calcolato.

E se invece Berlusconi tirasse fuori un altro nome? Non di prima fila, magari. Un Alfiere, che attraversi diagonalmente il campo e provi a raccogliere voti di qua e di là. È un altro ramo dell'albero delle varianti. Non basta però una mossa, dicevamo: ci vuole la combinazione giusta. Anche in questo caso, infatti, potrebbero aversi contraccolpi sul governo: vuoi perché la maggioranza che lo sostiene attualmente potrebbe spaccarsi, vuoi perché per lo stesso premier potrebbe essere difficile andare avanti. E ciò per ben tre ragioni, legate fra loro: perché l'operazione potrebbe avere per lui il sapore di una bocciatura; perché perderebbe un punto di riferimento sul Colle; perché in queste condizioni affrontare l'anno elettorale sarebbe arduo. Si rischia insomma il matto in tre mosse: un classico della problemistica scacchistica. 

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Allora si torna all'ipotesi Draghi, che in queste ore avanza, sostenuta anzitutto dal Pd, come un Re che, nel finale di partita, quando gli altri pezzi sono fuori gioco, deve muoversi in prima persona, per vincere la partita. Fuor di metafora: se la scelta del Capo dello Stato ha ripercussioni sugli equilibri della maggioranza e del governo, non sarebbe meglio portare Draghi al Colle, invece di lasciarlo arroccato a palazzo Chigi? Già. Ma per ogni mossa sono da valutare le contromosse. Perché può esser vero persino il contrario, e che col proposito di salvaguardare Draghi lo si esponga a un voto segreto che può riservare sorprese, e la frittata sarebbe servita. Nella combinazione deve infatti entrare anche la valutazione degli altri fattori. I gruppi parlamentari che non paiono quietamente allineati dietro i leader, anzitutto, ossia i peones (o pedoni) isolati, una iattura per ogni giocatore. Poi la sinistra del Parlamento, dentro e fuori il Pd, ostile alla soluzione «tecnocratica»: sono quelli che, non conoscendo l'apertura e le prime mosse, si trovano a giocare una partita che non è la loro, e rischiano di rovinare tutto. Poi franchi tiratori sparsi, magari agitati dalle aspirazioni di candidati quirinabili che potrebbero muovere qualche voto nel segreto dell'urna. Sono i tattici, quelli che non hanno respiro strategico ma possono piazzare trappole scacchi di scoperta, infilate e inchiodature. Infine, l'ostilità più o meno confessata di chi teme la fine anticipata della legislatura, soprattutto fra i pentastellati. Sono i giocatori non classificati, convocati in un torneo più grande di loro.

Insomma: l'equazione da risolvere ha parecchie incognite, e non tutte si scopriranno nelle prossime ore. Se davvero fosse una partita a scacchi, ci vorrebbe calcolo, ma anche visione, e quella che gli esperti chiamano «pattern ricognition», cioè la capacità di afferrare al volo, in un quadro d'insieme, tutti gli elementi sulla scacchiera. Ma il campione che darà scacco matto ancora non lo si conosce. 

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