Salvini: «Io non promuovo razzismo,
chi ha il coltello non è un tifoso»

Salvini: «Io non promuovo razzismo, chi ha il coltello non è un tifoso»
Venerdì 28 Dicembre 2018, 14:16
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Intervenuto a Radio Crc, Matteo Salvini ha risposto alle accuse a suo indirizzo dopo l'ultimo episodio di razzismo che ha colpito Kalidou Koulibaly durante Inter-Napoli. «È un’idiozia, io non promuovo il razzismo», ha detto. «Aver ridotto di centomila gli sbarchi di migranti è razzismo? Tagliare sprechi e dare diritto a rifugiati veri e mandare a casa quelli che stuprano e scippano è razzismo? Si offendono perché sono un ministro normale, erano abituati a chi mangiava le ostriche. È stato giusto non sospendere la partita per evitare ulteriori problemi di ordine pubblico. La riunione con Lega Calcio ed arbitri per mettere in sicurezza gli arbitri c’è stata. Certe partite a “rischio” non possono giocarsi di sera. Va bene che il calcio è al servizio di SKY o DAZN, ma certe partite devono giocarsi al sole e non al buio o alla nebbia».

Come contrastare, dunque, gli episodi di razzismo e violenza visti nelle scorse ore? «Chi si macchia di violenza non deve avere daspo di qualche mese, ma non deve mettere più piede allo stadio», ha risposto Salvini. «Nel decreto sicurezza si prevede che siano le società di calcio a provvedere all'ordine pubblico, come avviene all'estero. Poi c’è il tema giustizia: quando le forze dell’ordine prendono qualcuno fuori dallo stadio non può essere che nell'arco di qualche ora questi individui siano già liberi per strada. Il calcio è un problema, credo che però Isis, camorra, ‘ndrangheta e mafia meritino qualche attenzione in più. Bisogna anche partire dai banchi di scuola perché uno con un coltello in tasca non è un tifoso, ma un delinquente».

Ancora sui fatti di Milano. «Si sta già facendo il possibile per mettere in galera chi ha commesso tutto questo. È gente che ha premeditato questo attacco, ma le forze dell’ordine italiane sono le migliori al mondo», ha detto. «Tutti devono riportare alla dimensione dello sport, che è un gioco, anche se fa girare i miliardi. Ai primi dell’anno faremo partire un tavolo, speriamo che tutte le tifoserie ci diano una mano. Io voglio andare allo stadio con i miei figli e preferirei che lo stadio per la maggior parte fosse frequentato dai bambini. L’unico errore da non commettere è mettere i tifosi nello stesso pentolone, fortunatamente è una piccola frangia quella che si comporta in questo modo. Ma chiudere gli stati e vietare trasferte non risolve il problema. Gli ululati razzisti verso i giocatori di colore? Sono l’esempio della maleducazione, per cui riportiamo l’educazione civica sui banchi di scuola. Educazione che riguarda tutti: bianchi, neri, gialli e verdi. La presa in giro ci sta, perché stiamo parlando di un gioco, ma non quando sfocia nella maleducazione o nella violenza».
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