Sicilia, bocciato il voto diretto province. Aria di crisi nella giunta Schifani, le opposizioni: «Si dimetta»

La giunta di Renato Schifani ha bocciato a reintroduzione del voto diretto nelle province. E' l'ennesimo incidente che pesa su una maggioranza ora in difficoltà. Dura la reazione delle opposizioni

Bocciatura voto diretto delle province in Sicilia, la giunta è in difficoltà
Bocciatura voto diretto delle province in Sicilia, la giunta è in difficoltà
di Monica De Chiari
Giovedì 8 Febbraio 2024, 12:36 - Ultimo agg. 14:08
4 Minuti di Lettura

E' fallito il tentativo del governo di Renato Schifani di reintrodurre il voto diretto nelle Province in Sicilia. L'Assemblea, tramite voto segreto, con 25 favorevoli e 40 contrari, ha bocciato il disegno di legge. Non è una bocciatura come le altre, si tratta dell'ennesimo incidente all'interno della giunta Schifani che fa presagire venti di crisi sull'isola. Dopo la bocciatura pochi giorni fa della norma cosiddetta "salva ineleggibili" (e anche la nomina dei manager della sanità con l'assenza di quattro assessori meloniani), da Roma era arrivata la rassicurazione della tenuta del governo regionale. Una tenuta che ora però sembra non essere più così certa.

Di cosa si tratta

La riforma delle Province era uno dei punti del programma elettorale del presidente della Regione Renato Schifani.

Subito dopo la votazione con cui l'Assemblea ha bocciato il disegno di legge, il governatore ha abbandonato l'aula parlamentare facendo rientro a Palazzo d'Orleans, sede della Presidenza della Regione. Nella stanza del governo del Parlamento regionale si sono riuniti il presidente dell'Ars Gaetano Galvagno, il vice presidente della Regione con delega ai rapporti con l'Assemblea Luca Sammartino e il coordinatore siciliano di Forza Italia Marcello Caruso. A chiedere il voto segreto sono stati tredici parlamentari (ne servivano sette per regolamento), dodici dell'opposizione più Gianfranco Miccichè. Al governo di Renato Schifani sono dunque mancati 11 voti. Al momento della votazione i presenti in aula erano 65 (votanti 65). La maggioranza contava su 36 deputati in aula (tre gli assenti), ma a favore della norma hanno votato 25 parlamentari; l’opposizione era in aula con 27 deputati (due gli assenti), più Gianfranco Miccichè del Misto: 40 i voti contrari.

Le reazioni 


La reazione delle opposizioni è stata molto dura, c'è anche chi ha esultato e chi come il Movimento 5 Stelle e De Luca chiede le dimissioni del presidente, nella maggioranza invece c'è chi parla di "voto sconcertante". 
"Suscita grande sconcerto il voto dell'Assemblea Regionale che, nei fatti, blocca il percorso del disegno di legge per l'elezione diretta degli organi di province e città metropolitane". Lo dichiara il segretario nazionale della Democrazia Cristiana, Totò Cuffaro. Ma le voci che hanno commentato l'accaduto sono state molte. "Quella scritta qui all'Ars con la bocciatura del disegno di legge sulle Province non è una bella pagina, dobbiamo anzitutto riflettere seriamente sull'opportunità di mantenere nel regolamento dell'Ars il voto segreto su tutte le materie. Mi assumo l'impegno di proporre una norma che modifichi questa assurdità", ha commentato Giorgio Assenza capogruppo all'Ars di Fratelli d'Italia. Per Marcello Caruso, coordinatore regionale di Forza Italia si è trattato di una "sconfitta per i territori che subiscono disservizi". 
Per il Partito Democratico è la dimostrazione di una forte debolezza da parte del governo, “A una settimana dal tonfo sul ddl salva ineleggibili il centrodestra si sgretola nuovamente sulla riforma delle Province. L’immagine del governo che fugge dall’aula subito dopo il ko è la rappresentazione plastica di una maggioranza totalmente allo sbando”, ha commentato Michele Catanzaro capogruppo Pd all’Ars. 


Un ennesimo incidente dunque che potrebbe vedere la maggioranza di Schifani navigare in cattive acque da cui sarebbe difficile uscire, ancor di più perché oggi di fatto è saltato uno dei punti cardine del programma di governo. Ad ora ancora nulla di certo sul futuro della giunta, una prima frattura si è di certo verificata, anche se la bocciatura di oggi non escluderebbe una eventuale riproposizione in altra forma di analogo disegno di legge di riforma in futuro. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA