Zes unica, due miliardi per il credito d'imposta nel Mezzogiorno

La Legge di Bilancio approvata dal governo

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, con i vicepresidenti Matteo Salvini e Antonio Tajani
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, con i vicepresidenti Matteo Salvini e Antonio Tajani
di Nando Santonastaso
Martedì 17 Ottobre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 18:58
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Ammonterà a due miliardi il credito d'imposta per la Zes unica per tutto il Mezzogiorno, per ora limitato al 2024. Una copertura di 1,8 miliardi è arrivata ieri dalla Legge di Bilancio approvata dal governo: le risorse sono destinate «a coloro che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali destinati a strutture produttive (già esistenti o nuove, ndr) ubicate nel Mezzogiorno», attraverso appunto il credito d'imposta. L'approdo ai 2 miliardi avverrà con il varo definitivo del Decreto Sud difeso a spada tratta dal ministro per gli Affari europei, il Sud, il Pnrr e le Politiche di Coesione Raffaele Fitto anche in occasione del Convegno nazionale dei Giovani imprenditori di Confindustria svoltosi a Capri. Sarà quello l'obiettivo, come lo stesso Fitto aveva lasciato intendere già all'indomani delle prime bozze del Decreto che parlavano di 1,5 miliardi all'anno per tre anni, fino al 2026 (numeri poi eliminati dal testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale per non rischiare l'altolà della Ragioneria Generale dello Stato in tempi a dir poco difficili per la finanza pubblica).

«È un impegno di spesa decisamente importante e positivo - commenta Luca Bianchi, direttore della Svimez - perché conferma la capienza della misura e la compattezza del governo nel ribadirne la centralità in favore del Mezzogiorno.

Va però sottolineato che al momento si parla di una sola annualità rispetto alle tre previste in un primo momento e questo potrebbe creare qualche dubbio in più alle imprese interessate a utilizzare le agevolazioni e gli incentivi fiscali per investire nelle otto regioni meridionali attraverso la Zes unica».

È probabile che su questo ed altri punti del provvedimento si discuterà quando il testo del Decreto Sud approderà in Aula (prima alla Camera) per la conversione in legge. Alla Commissione Bilancio di Montecitorio, che ha concluso la settimana scorsa le audizioni, sono pervenute ben 532 richieste di emendamento: due terzi dall'opposizione (196 solo dal Pd), un terzo dalle forze maggioranza (87 Forza Italia, 64 Lega, 23 Fratelli d'Italia e 5 da Noi moderati). In base al calendario dei lavori del decreto, le votazioni in Commissione dovrebbero iniziare tra una settimana, il 23 ottobre prossimo. Se così fosse, il testo approderebbe in Aula il 27 ottobre per poi passare in seconda lettura al Senato (forse con la fiducia).

Nella manovra licenziata ieri ci sono anche altre misure per il sistema delle imprese che approcciano da vicino il Mezzogiorno. Si finanziano con circa 300 milioni, infatti, i contratti di sviluppo e la legge Sabatini (che sostiene gli investimenti in beni strumentali delle micro, piccole e medie imprese a tassi agevolati), due misure particolarmente gradite dal sistema produttivo. Lo conferma il fatto che in un anno sono stati approvati ben 86 Contratti di sviluppo per circa un miliardo di erogazioni da parte di Invitalia (la fonte è il ministero delle Imprese e del Made in Italy). E che ieri il Consiglio dei ministri ha disposto il rifinanziamento della Nuova Sabatini con 50 milioni di euro utilizzabili da subito per il 2023 in un'unica tranche e confermato altresì, come annunciato dal ministro Adolfo Uso, il rifinanziamento anche per il 2024 con la legge di Bilancio. Cauta la prima reazione delle imprese meridionali che ovviamente attendono di conoscere il dettaglio del provvedimento per esprimere un giudizio più completo. Dice il Presidente dell'Unione Industriali di Napoli Costanzo Jannotti Pecci: «I vincoli della finanza pubblica impongono al governo di gestire risorse contenute, rispetto alle esigenze che bisognerebbe soddisfare. È quanto accade per i fondi stanziati per la Sabatini e i contratti di sviluppo, oggettivamente esigui, se si guarda all'importanza di favorire investimenti per lo sviluppo, con particolare riguardo al Sud. Proprio per questo, proponiamo di destinare parte delle risorse del Pnrr non più utilizzabili, perché impossibili da spendere entro il 2026, per aumentare considerevolmente la dotazione prevista per i contratti di sviluppo».

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Altro capitolo di assoluta rilevanza per il Sud è quello della Decontribuzione Sud la cui proroga a tutto il 2023 fu inserita dal governo in un apposito emendamento per il Mezzogiorno inserito nella Legge di Bilancio 2023 (insieme alle risorse per le 8 Zes). La copertura finanziaria dovrebbe essere assicurata dal Fondo sviluppo e Coesione anche per il 2024 ma sulla durata di una misura che lo stesso governo vuole rendere strutturale ci sono ancora punti interrogativi, collegati soprattutto alle decisioni dell'Ue sul futuro degli aiuti di Stato, al momento possibili: «È un'altra partita ineludibile - conferma Jannotti Pecci - che andrebbe resa strutturale e non solo prorogata per sei mesi o un anno. Il Mezzogiorno è l'unica area che può trainare il Paese, non essendo satura per nuovi insediamenti e con un potenziale di giovani inoccupati intellettuali da valorizzare. La crescita del Sud e il corrispondente forte incremento del Pil sono direttrici di marcia obbligate per uscire dal tunnel». 

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