Ipertensione polmonare, esperti
a confronto: «Mettiamola alla corde»

Ipertensione polmonare, esperti a confronto: «Mettiamola alla corde»
Venerdì 10 Maggio 2019, 21:52
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Ipertensione polmonare, mettiamola alle corde. Subito. In modo aggressivo. Perché se si vuole vincere questa battaglia contro una malattia grave ed invalidante bisogna non perdere tempo. Le terapie ci sono e vanno messe in campo appena possibile. E’ come un combattimento su un ring: non bisogna lasciare che l’avversario conquisti spazio. «Conosciamo di più la malattia e, fortunatamente, abbiamo anche una nuova consapevolezza non solo su come riconoscerla prima ma anche su come aggredirla. Sappiamo che è pericolosa, che non dobbiamo lasciarle spazio d’azione. E per questo adesso la strategia d’attacco è cambiata e si sceglie la strada “hit hard and hit early” ovvero “colpisci forte e colpisci subito”. E i risultati ci sono» spiega Michele D’Alto, uno dei massimi esperti internazionali della malattia, fondatore e responsabile del Centro per la diagnosi e la cura dell’ipertensione polmonare all’Ospedale Monaldi di Napoli (fanno parte dell’équipe i dottori Emanuele Romeo e Paola Argiento) in occasione del ‘Fifth Focus on pulmonary hypertension’, un convegno internazionale che si tiene a Capri dal 9 all’11 maggio (direttore D’Alto) e che vede la partecipazione di alcuni dei massimi rappresentanti internazionali.

«La malattia resta un nemico difficile e molto pericoloso. Ma rispetto a qualche anno fa dei passi in avanti sono stati compiuti. Ad iniziare dalla diagnosi. Prima si diceva che questa malattia fosse ‘orfana di diagnosi’ perché i pazienti ci arrivavano con anni di ritardo visto che i sintomi della malattia sono subdoli e spesso scambiati per altro, liquidati come stress o persino come eccessiva pigrizia. Oggi, fortunatamente di questa malattia se ne parla di più e quindi è più conosciuta e questo ha fatto sì che i pazienti vengano più rapidamente indirizzati verso specialisti e centri di riferimento in modo da avere prima una diagnosi. Il ritardo ancora c’è ma si è ridotto. Con orgoglio posso dire che la rete di network messa in atto dall’Italia sta dando i suoi frutti. E oggi il nostro Paese è all’avanguardia nel trattamento dell’ipertensione arteriosa polmonare. Addirittura costituiamo un modello da esportare» aggiunge D’Alto, che è anche membro del gruppo di studio sull’ipertensione polmonare della Società Europea di Cardiologia (ESC) e membro dell’American College of Cardiology.

Ma i pazienti come vivono questo nuovo approccio, più aggressivo? «Oggi più che mai è importante che i pazienti si sentano coinvolti nel percorso terapeutico, non lo devono solo accettare e subire. Perché serve che siano informati e consapevoli. Anche della gravità della loro malattia. Bisogna imparare a convivere con la malattia, prendere ciò che di buono viene dalle terapie e inventarsi una nuova vita. Adesso ci sono concrete risposte e benefici reali » dice Laura Gagliardini, presidente dell’Associazione Malati Ipertensione Polmonare – AMIP.

 
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