La scoperta è dei ricercatori della Fondazione Tettamanti di Monza: in collaborazione con colleghi di Germania e Repubblica Ceca, hanno individuato un nuovo marcatore di rischio utile a orientare come una 'bussola' il trattamento dei bambini con leucemia linfoblastica acuta (All).
In uno studio pubblicato su 'Leukemia', rivista del gruppo Nature, gli scienziati hanno verificato che il monitoraggio delle cellule leucemiche che possono sopravvivere al primo trattamento antitumorale (Minimal Residual Disease, Mrd) rappresenta un indicatore importante per distinguere tra due diversi sottotipi di All in età pediatrica, caratterizzati dalla stessa alterazione genetica ossia dal gene di fusione Bcr-Abl1.
Monitorando la malattia residua nelle fasi iniziali della terapia, si potrà quindi definire l'approccio più appropriato per i bimbi colpiti da queste forme di All migliorando la risposta clinica.
«Nei bambini affetti da Ph+ All tipica - commenta Giovanni Cazzaniga, responsabile dell'Unità di ricerca di Genetica della leucemia della Fondazione Tettamanti e professore associato di Genetica medica all'Università degli Studi di Milano-Bicocca - la malattia residua minima valutata dopo il primo ciclo di trattamento ha anche un valore prognostico, perché ci permette di prevedere quali pazienti avranno maggiori probabilità di andare incontro a una recidiva di malattia e pertanto necessitano di terapie più 'aggressivè», considerando che i bimbi con Ph+ All tipica hanno ricadute più frequenti che sono la prima causa di morte in questo gruppo. «Al contrario, i bambini con la forma Cml-like sono maggiormente danneggiati dalla tossicità di trattamenti intensivi e potrebbero beneficiare di terapie mirate. Questa informazione è pertanto cruciale per indirizzare opportunamente le scelte cliniche, nell'ottica di minimizzare il rischio di ricadute e di limitare la tossicità, ove non giustificata».