Pfizer, il rebus terza dose: e ora si complica la campagna vaccinale

Pfizer, il rebus terza dose: e ora si complica la campagna vaccinale
di Emilio Fabio Torsello
Sabato 24 Aprile 2021, 00:08 - Ultimo agg. 25 Aprile, 08:32
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Per i vaccini somministrati ai sanitari è già conto alla rovescia. La validità della copertura – ad oggi – è di sei mesi. E se è vero che molti italiani ancora devono ricevere la prima dose, c’è una categoria di lavoratori che presto potrebbe doversi sottoporre al terzo richiamo vaccinale: il personale sanitario. Medici, infermieri e assistenti sociosanitari, infatti, sono stati i primi ad aver ricevuto le dosi di Pfizer, somministrate a una ventina di giorni l’una dall’altra. La prima linea nella lotta al Covid è stata protetta immediatamente – tra gennaio e febbraio la maggior parte dei camici bianchi aveva ricevuto il vaccino - a marzo è arrivata poi la decisione del governo per l’obbligatorietà, pena la sospensione dal lavoro.  

Secondo il “Green pass”, il certificato che entra in vigore il 26 aprile e fissa l’efficacia vaccinale anche dal punto di vista legale a sei mesi, però, un medico che avesse completato il ciclo il 20 gennaio o il 20 febbraio, in piena estate si ritroverebbe nell’impossibilità di poter operare in corsia. Alla fine di marzo, ad esempio, secondo il report del governo era stato vaccinato il 76,28% dei sanitari con prima e seconda dose, pari a 1.378.655 persone. Basti pensare che al 9 gennaio 2021 avevano già ricevuto la prima dose di vaccino 414mila sanitari, venti giorni dopo avrebbero ricevuto la seconda e così via. Ad oggi il dato è salito a 3.163.167 persone tra medici, infermieri e personale sanitario, non tutti ovviamente vaccinati tra gennaio e febbraio e non tutti con entrambe le dosi, ma la maggior parte. Gli stessi che da giugno in poi potrebbero trovarsi progressivamente a non poter più operare nelle strutture sanitarie senza un terzo richiamo, come ha già fatto notare anche Giulio Maria Ricciuto, primario nella medicina di urgenza dell’ospedale di Ostia, tra i primi ad aver lanciato l’allarme nei giorni scorsi. A confermare questa tempistica è stato lo stesso Ceo di Pfizer, Albert Bourla, che ai microfoni dell’emittente Cnbc ha spiegato che «ci sarà bisogno di una terza dose più o meno tra 6 e 12 mesi.

Da lì, poi, ci sarà un richiamo annuale. Ma tutto deve essere confermato. E, di nuovo, le varianti avranno un ruolo fondamentale». Il tutto sempre che si riesca a stare al passo con le forniture, il caso AstraZeneca insegna. Sull’argomento infatti Bourla ha fatto già sapere di voler «aumentare drasticamente le nostre forniture di vaccini ai Paesi europei nelle prossime settimane. In questo trimestre consegneremo oltre quattro volte di più di quanto abbiamo fatto nel primo trimestre: 250 milioni di dosi, dopo averne date 62 fino a marzo. E siamo in trattativa per fare di più. Ho fiducia che ci riusciremo. Certo, c’è sempre la possibilità che qualcosa vada storto, come si vede dai problemi che stanno avendo altre aziende. Qualche questione può sempre sorgere, quando hai a che fare con la manifattura complicatissima di prodotti biologici». Già, ci manca solo che adesso qualcos’altro vada storto. Ma le incognite non sono solo queste.

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Secondo il virologo Fabrizio Pregliasco, di terza dose non si potrà parlare comunque prima del 2022, tenuto conto del fatto che ad oggi ancora non si sa con certezza per quanto tempo i vaccini potranno proteggere chi li riceve. «La durata minima della copertura – ha spiegato Pregliasco al Mattino – è di sei mesi, ma sono in corso studi per avere dati più precisi. In generale la terza dose sarà necessaria poiché non si raggiungerà l’immunità di gregge né l’azzeramento del virus con la prima tornata di vaccinazioni. Di fatto dovremo convivere con questo virus che diventerà endemico e bisognerà quindi anche aggiornare i vaccini alle nuove varianti». Dal punto di vista clinico, spiega ancora Pregliasco, mancano certezze su quello che viene definito il “titolo anticorpale”: «Bisogna capire la reale efficacia del quantitativo anticorpale: ad oggi abbiamo a che fare con numeri più o meno alti che però non ci dicono con certezza la maggiore o minore protezione sulla base dei numeri rilevati». Lo stesso Pregliasco racconta di aver ricevuto il vaccino a fine dicembre e di avere un pass vaccinale in scadenza a giugno. Ma a mancare sono – ancora una volta – i dati sull’efficacia della copertura. 

«Alcuni trial clinici – prosegue Pregliasco – ci dicono che si può andare anche oltre i sei mesi di copertura, ma non sono ancora dati significativi. Tra qualche mese quindi bisognerà capire se e quando fare la terza dose di vaccino e soprattutto come aggiornare il vaccino alle nuove varianti. Ma si tratta di un aspetto prospettico ancora definire». È allo studio, conclude Pregliasco, anche la possibilità di somministrare una terza dose diversa dalle prime due: «è un qualcosa che già si è visto con altri vaccini ed è pensabile che accada anche con il vaccino contro il Sars-Cov2».

Adesso, dunque, una soluzione andrà trovata e in tempi brevi, facendo quadrare le forniture dei vaccini e le prossime scadenze dei Green pass per il personale sanitario (su cui ieri è intervenuto il garante della Privacy in maniera molto dura, ndr). Il rischio – altrimenti – sarà il progressivo svuotamento delle corsie a partire da fine giugno. 

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