Il segreto dei Rosa-Croce e i filosofi eretici che la Chiesa non perdonò

Roma, 1600. Il filosofo nolano Giordano Bruno viene arso vivo in piazza Campo de’ Fiori Parigi, 1623. Sui muri della città compaiono alcuni strani manifesti: «Noi siamo gli invisibili»

Giordano Bruno
Giordano Bruno
di Vittorio Del Tufo
Domenica 17 Marzo 2024, 06:00 - Ultimo agg. 08:08
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«I cardinali dormienti / si affannano a punire Bruno, che invece è lontano. Vola/ Il suo superbo corsiero, vivo come il pensiero/ Già passa le Alpi»

(Christopher Marlowe, La tragica storia del Dottor Faust)

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Nell’agosto 1623, durante il regno di Luigi XIII, apparvero nelle strade di Parigi alcuni strani manifesti.

«Noi, deputati del collegio principale dei fratelli della Rosa-Croce, soggiorniamo visibili e invisibili in questa città al fine di trarre gli uomini, nostri simili, dall’errore della morte».

I parigini vennero così a conoscenza dell’esistenza di una confraternita segreta denominata «Rosa-Croce», nata con l’obiettivo di diffondere «la conoscenza universale». La misteriosa setta, rivendicando la discendenza dai mitici Cavalieri Templari, invitava i cittadini a restare vigili, perché coloro che avessero desiderato entrare a far parte della società segreta, e ne fossero stati degni, sarebbero stati contattati dagli emissari della confraternita.

«Insegneremo loro la più perfetta conoscenza dell’Altissimo e li renderemo da visibili invisibili e da invisibili visibili».

Le autorità religiose, impegnate da decenni a combattere ogni tipo di eresia, sentirono subito odore di zolfo. La confraternita dei Rosa-Croce aveva già raccolto numerosi adepti in Germania, nei Paesi Bassi e in Inghilterra, i centri promotori della Riforma protestante, e il rischio che facesse proseliti anche in Francia non poteva essere tollerato. Così i vertici della Chiesa francese misero in giro la voce che trentasei «deputati» della Rosa-Croce, il giorno stesso della comparsa dei manifesti, si fossero riuniti a Lione per tramare contro i poteri costituiti, la Chiesa e la Corona, e avessero celebrato «un grande sabba» per consacrare la propria anima al demonio.

A una così delirante calunnia, naturalmente, non credette nessuno. Per denigrare i Rosa-Croce, tuttavia, fu pubblicato anche un libello che non solo denunciava gli «orridi piani» dei membri della confraternita, ma svelava ai parigini dove si trovasse la sede occulta della setta: nel quartiere del Marais, allora prediletto non solo dai protestanti ma anche dalle bande criminali che infestavano la città. Chiunque fosse stato sorpreso ad avere rapporti con i Rosa-Croce, sarebbe stato punito alla stregua di qualsiasi stregone o adoratore del demonio. Cominciò la caccia ai cattivi maestri.

Ventitré anni prima della comparsa a Parigi dei manifesti degli "invisibili", moriva a Roma, bruciato vivo, il grande filosofo nolano Giordano Bruno. Per le sue teorie, giudicate eretiche dal tribunale dell’Inquisizione dello Stato Pontificio, Bruno era stato condannato e bruciato sul rogo a Roma il 17 febbraio 1600. Dal convento della biblioteca di San Domenico Maggiore, dove Giordano Bruno aveva studiato ben quindici anni, provenivano alcuni documenti ai quali si sarebbero ispirati i rosacrociani nella prima metà del Seicento. Insomma un filo rosso legherebbe Giordano Bruno, i Rosa-Croce e le misteriose accademie iniziatiche di ispirazione egizia che proliferarono a Napoli in quel periodo.

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Maneggiando l’alchimia e le scienze segrete, i Rosa-Croce stimolavano gli adepti alla ricerca e al misticismo. In Germania, alcuni anni prima della comparsa degli «invisibili» a Parigi, erano stati pubblicati due libelli, Fama e Confessio, considerati i manifesti ideologici della confraternita segreta dei Rosa-Croce, che si richiamavano ai tesori di conoscenza di un mitico fondatore-eponimo, Christian Rosenkreuz. Personaggio leggendario, quest’ultimo, e probabilmente di fantasia. Si narra che sia vissuto in Germania tra il 1378 e il 1484, e che all’età di sedici anni abbia abbandonato il monastero dove lo avevano mandato i suoi genitori per unirsi a un gruppo di maghi. Altri studiosi hanno datato la sua morte o, meglio, il ritrovamento del suo corpo ancora integro, intorno all’anno 1603 (dunque vent’anni prima della comparsa dei manifesti a Parigi). Secondo la leggenda, accanto alla testa sarebbe stato trovato un trattato magico-scientifico, con i segreti per praticare la negromanzia e le arti divinatorie. Un giallo in piena regola che ha appassionato generazioni di fanatici dell’esoterismo. Il mitico Ordine dei Rosa-Croce sarebbe stato fondato proprio per custodire, e allo stesso tempo tramandare, i segreti del fondatore.

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Suggestioni analoghe avevano attraversato, in anticipo rispetto alla Francia, l’inquieto Cinquecento napoletano. Gli studiosi di pensiero esoterico, e delle antiche, misteriose Accademie frequentate dalle più eccelse menti di quel periodo, sono convinti che vi siano molti legami tra i Rosacroce e Napoli. Tra i punti di contatto vi sarebbe la misteriosa figura di Valentin Andrae, autore di un’opera, Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz, considerata ancora oggi un punto di riferimento per il pensiero esoterico. Il celebre La città del sole di Tommaso Campanella esercitò un influsso fortissimo su Valentin Andrae e sui rosacrociani europei. Grandi utopie, visioni fantastiche, città ideali: la tradizione ermetica del Rinascimento napoletano si nutrì delle stesse visioni, coltivò gli stessi ideali. E le stesse concezioni “magiche” dell’universo.

Il ‘500 fu il secolo dei filosofi maghi. Trentacinque anni fa, ispezionando l’ingresso di un anfratto di tufo in via Carlo Cattaneo, all’Arenella, alcuni geologi s’imbatterono in uno spettacolare e labirintico ambiente costituito da colonne, lapidi, nicchie e intonaci in opus reticulatum, scoprendo frammenti di affreschi e finanche un’intera parete scolpita nella forma di un volto terrificante. Quegli ambienti sotterranei sarebbero ciò che resta della cinquecentesca villa di Gianbattista Della Porta, uno degli spiriti più inquieti e prolifici della Napoli di fine ‘500 e animatore di un cenacolo di menti eccelse di cui facevano parte personaggi del calibro di Giordano Bruno e Tommaso Campanella. La stessa origine del toponimo Due Porte potrebbe essere legata all’edificio di proprietà di Giambattista. Il circolo di intellettuali riuniti attorno a Della Porta era pienamente immerso nell’atmosfera “magica” della città, ieri come oggi ricca di stimoli e di fermenti culturali. L’esoterica Accademia dei Segreti si riuniva anche nell’altro palazzo di famiglia dei Della Porta, in piazza Carità. Duecento anni prima del principe di Sansevero, gli accademici investiganti si davano convegno non solo per discutere di scienza e filosofia ma anche, probabilmente, per effettuare esperimenti di alchimia.

L’alchemico Rinascimento napoletano aprì nuove frontiere al pensiero moderno attirando sui filosofi-maghi l’attenzione ostile delle autorità religiose. Professando un universo infinito, composto di un numero infinito di sistemi solari simili al nostro e sprovvisto di un centro, e per le sue convinzioni sulla Sacra Scrittura, sulla Trinità e sul Cristianesimo, Giordano Bruno, già scomunicato, fu incarcerato, giudicato eretico e quindi condannato al rogo dall’Inquisizione della Chiesa cattolica. Fu arso vivo in piazza Campo de’ Fiori, il 17 febbraio 1600, durante il pontificato di Clemente VIII.

Ventitré anni dopo la morte del filosofo nolano l’ordine dei Rosacroce avrebbe fatto parlare di sé dando attraverso i manifesti fissi nelle strade di Parigi, nei quali si proponeva una riforma politico-spirituale che aveva molti punti in comune con la filosofia bruniana e per la cui attuazione si chiedeva l’appoggio ai governi d’Europa.