I Giardini del Sapere tra chiostri e leggende: è l'università segreta

C'erano una volta un Papa, un imperatore e un'icona del Volto Santo

Il chiostro di San Marcellino e Festo
Il chiostro di San Marcellino e Festo
di Vittorio Del Tufo
Domenica 27 Novembre 2022, 12:00
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«Non ho mai permesso che i miei studi interferissero con la mia istruzione»

(Mark Twain)

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C'erano una volta un Papa, un imperatore e un'icona del Volto Santo. Il Papa era Silvestro II, e guidò la Chiesa a cavallo dell'anno Mille. L'imperatore era Basilio II, denominato anche il Massacratore perché aveva il simpatico vezzo di trucidare chiunque ostacolasse il suo cammino. L'icona del Volto Santo era un dono dell'imperatore Basilio a papa Silvestro: narra la leggenda che durante il tragitto per recapitare il regalo, gli uomini incaricati della missione fecero sosta a Napoli, e si fermarono per riposare nella chiesa di San Marcellino, dove oggi sorge il meraviglioso chiostro di San Marcellino e Festo. Quando gli emissari dell'imperatore si rimisero in viaggio, l'icona del Volto Santo non ne volle sapere di seguirli, e divenne talmente pesante da restare per sempre in quel luogo.

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Storie napoletane. Voci di popolo, voci di Dio, e meravigliose leggende ambientate nel chiostro monumentale dove oggi hanno sede il dipartimento di Scienze Politiche dell'Università Federico II e il Museo di Paleontologia. Un angolo di Medioevo nel centro antico. La leggenda del volto miracoloso rende ancora più magica l'atmosfera che si respira in uno dei giardini più incantevoli della città. Un luogo ricco di storia dove è possibile ammirare i capolavori progettati da Luigi Vanvitelli, e in particolare il chiostrino, disposto su un livello inferiore rispetto a quello del chiostro principale, sul quale si affaccia l'oratorio della Scala Santa.

Il complesso dei Santi Marcellino e Festo, con le sue leggende e i suoi tesori d'arte, è solo uno dei ventisette luoghi della Federico II descritti con parole e immagini dai docenti di storia dell'architettura dell'università federiciana, e raccolti nel volume «Passeggiando per la Federico II», a cura di Alessandro Castagnaro. Un suggestivo viaggio sul filo della memoria che ci consente di ricostruire un patrimonio ricco e stratificato, di cui le moltitudini di studenti che affollano le sedi universitarie non hanno una reale conoscenza: un patrimonio che spazia da antichi edifici rinascimentali, come Palazzo Gravina, a complessi religiosi e chiese ricche di tesori come quella dei Santi Marcellino e Festo, quella dei Santi Demetrio e Bonifacio o il complesso trecentesco di Donnaregina Vecchia. Il viaggio dei «prof ciceroni» attraversa anche anche numerosi luoghi dell'architettura moderna, come la sede di Ingegneria a Piazzale Tecchio e il recentissimo Polo universitario di San Giovanni a Teduccio. Erede diretta di quella fondazione che l'imperatore Federico II volle far sorgere a Napoli, ben prima che la città ricoprisse il ruolo di capitale, la Federico II è a tutti gli effetti una «cittadella del sapere» diffusa sul territorio. Nel corso dei secoli si è insediata in antiche preesistenze, contribuendo al restauro e alla tutela di un patrimonio artistico e culturale che appartiene all'intera città.

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La passeggiata nei luoghi della Federico II - che nel 2024 festeggerà gli 800 anni di vita - non può che partire dalle mura greche conservate all'interno dell'Università. E più esattamente a sinistra dello scalone della Minerva, in Corso Umberto 40 (ma nel cortile si accede anche da via Mezzocannone e da via Antonio Tari). Mura che rappresentano un'ideale continuità tra lo Studio dell'imperatore Federico II (di fatto l'atto di nascita della moderna università) e le origini stesse di Neapolis.

Il nome di Federico stupor mundi, figlio di Enrico IV di Svevia e nipote di Federico Barbarossa, resterà per sempre associato al forte impulso artistico e culturale che riuscì a imprimere a Napoli negli anni in cui vi fece calare il suo pugno di ferro.

L'imperatore del Sacro Romano Impero, che apparteneva alla famiglia sveva degli Hohenstaufen, lasciò alla città una traccia destinata a restare in eterno: lo Studio Napoletano, la prima istituzione laica e statale non sottoposta ad alcuna ingerenza ecclesiale ma sorta, anzi, proprio con l'obiettivo di contrastare il monopolio culturale del clero. Fu anche un antesignano delle odierne e piuttosto inconcludenti battaglie contro la fuga dei cervelli, come dimostra il testo della lettera circolare (generalis lictera) inviata da Siracusa e considerato l'atto ufficiale di nascita dell'Università che porterà il suo nome: «Abbiamo perciò disposto che, nell'amenissima città di Napoli, si insegnino le arti e si coltivino gli studi di ogni professione, affinché i digiuni e affamati di dottrina trovino dentro il regno stesso di che soddisfare le loro brame, e non siano costretti, per procurare d'istruirsi, a imprendere lunghi viaggi, e mendicare in terre straniere».

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Ma quali erano, in tempi remoti, i luoghi dell'Università? Non conosciamo la sede degli originari Studi Federiciani, sappiamo però che in età aragonese il cuore del complesso si trovava presso la chiesa di Sant'Andrea apostolo a diaconian, dunque presso via Donnaromita. Successivamente l'università ebbe sede presso il convento di San Domenico Maggiore, fino al primo Seicento; poi nel palazzo detto degli Studi, odierno Museo archeologico nazionale, fino alla fine del Settecento. Con la cacciata dei Gesuiti dal convento del Salvatore, presso la chiesa del Gesù Vecchio, si liberarono gli spazi sui quali sarebbe sorto il nucleo centrale del moderno complesso di Mezzocannone realizzato anche con successivi ampliamenti. Personaggio chiave del progetto di cittadella universitaria fu l'ingegnere Mariano Eduardo Cannizzaro, che ideò i laboratori scientifici moderni, mentre la ristrutturazione e l'ampliamento della sede centrale dell'ateneo, al corso Umberto, portano la firma del mitico Guglielmo Melisurgo (padre dei moderni studi sul sottosuolo napoletano, ma questa è un'altra storia) e dell'ingegnere Pier Paolo Quaglia, che realizzarono la monumentale facciata (completata nel 1910) in concomitanza con i lavori del Risanamento.

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Un tempo il chiostro di San Pietro Martire, all'incrocio tra corso Umberto e via Porta di Massa, era sommerso dal mare. Oggi ospita le attività del dipartimento di Studi umanistici, nonché biblioteche, archivi e laboratori. Qui Carlo II d'Angiò, detto lo Zoppo, concesse alcuni terreni ai Domenicani perché vi costruissero una chiesa e un convento. Nel Cinquecento Giovan Francesco Di Palma progettò un chiostro ispirato ai modelli rinascimentali: sette arcate per lato, pilastri in piperno e un sistema idrico all'avanguardia che raccoglieva l'acqua da ogni parte del convento alimentando le fontane del chiostro, mentre la fontana centrale era alimentata direttamente dall'Acquedotto della Bolla. Con i lavori del Risanamento nacque l'attuale tracciato del corso Umberto e fu liberata la piazza davanti alla chiesa.

Altra tappa, altro gioiello: la chiesa dei Santi Demetrio e Bonifacio, che i padri Somaschi eressero nell'attuale piazzetta Teodoro Monticelli, affianco a Palazzo Penne, ospita l'aula magna del dipartimento di architettura della Federico II. L'antica strada di Fontanola, come era chiamata l'attuale via Mezzocannone, in epoca greca era un profondo canalone fortificato su entrambi i lati. Tracce dell'antica mutazione sono ancora visibili nell'atrio del cinema Astra e nel cortile centrale dell'Universita Federico II. La spiaggia arrivava fin lì, dove oggi c'è l'asfalto del corso Umberto. 

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