Alluvione del '54: la storia dell'operaio «rosso» che salvò l'imprenditore dalla furia del Bonea

Alluvione del '54: la storia dell'operaio «rosso» che salvò l'imprenditore dalla furia del Bonea
di Michele Schiavino
Domenica 26 Ottobre 2014, 18:15 - Ultimo agg. 18:16
3 Minuti di Lettura
Incontrai questa foto durante la realizzazione di Viva Cgil, un film girato per celebrare il centenario dell’organizzazione sindacale. Me la raccontò il compianto Umberto Apicella, dirigente storico del partito comunista e di quel sindacato. La foto mostra Giuseppe Di Vittorio, fondatore e leader della Cgil, a Vietri sul Mare nei giorni successivi l’alluvione del Salernitano che aveva colpito con particolare violenza, oltre il capoluogo, alcuni comuni della costiera amalfitana: Vietri sul Mare, Marina di Vietri e la frazione di Molina, Maiori, Minori.

Di Vittorio, mi spiegò Apicella, era venuto a portare i fondi raccolti dai lavoratori italiani per le vittime dell’alluvione e per rendersi conto di persona dei danni subiti dalla popolazione. Era già stato nel capoluogo alla fine di ottobre, lo stesso giorno della visita di Einaudi, per una riunione alla Camera del lavoro convocata per stabilire le linee politiche da seguire nella fase della ricostruzione e nell’imminente dibattito parlamentare. Nella foto Di Vittorio è il secondo da sinistra. Il terzo è Arturo Belmonte, operaio della vetreria Ricciardi di Vietri, segretario della locale sezione del partito comunista, consigliere comunale e responsabile per la Cgil degli operai ceramisti. In prima fila con Di Vittorio tutta la commissione interna della vetreria Ricciardi, «la fabbrica rossa», rossa perché occupava più di quattrocento operai, tutti iscritti al partito comunista e al sindacato.

Belmonte fu protagonista di una pagina molto bella di eroismo civile: salvò l’imprenditore Mario Landi dalla furia del torrente Bonea. Il racconto in una cronaca dell’Unità del 6 novembre 1954 a firma Arminio Savioli dal titolo «Se non ci fossi stato tu sarei morto disse l’industriale all’operaio comunista». La storia: all’alba della malanotte Arturo Belmonte fu svegliato da colpi battuti alla porta di casa e un coro di voci, un gruppo di uomini coperti di fango, di donne scarmigliate e piangenti gli si riversò in casa. Era gente della frazione di Molina che gli annunciava il disastro. L’operaio si vestì in fretta e attraversata la strada per Molina, diventata un fiume di fango, riuscì a raggiungere il luogo della sciagura. Qui, scrive Savioli, «un gruppo di comunisti cercava di mettere ordine là dove regnavano soltanto il caos la paura e l’angoscia...».

Al torrente, al torrente! gridavano tutti. Là dove sorgeva lo stabilimento tessile di Mario Landi, anche lui consigliere comunale a Vietri del partito monarchico, la fabbrica era scomparsa: «In mezzo ai ruderi sovrastati dalla ciminiera spenta c’era un uomo, quasi nudo, solo e immobile come una pietra. Intorno rombavano minacciose le acque del Bonea». Belmonte si procurò una corda e lanciò la fune più volte finché l’imprenditore riuscì ad afferrarla e a legarsela intorno alla vita. Poi l’operaio con l’aiuto di un carpentiere e della moglie di Landi incominciò a tirare piano piano ma con tutte le sue forze. «L’industriale si gettò nel torrente, sparì nell’acqua turbinosa, riemerse, lottò contro i gorghi. Quando raggiunse la sponda era stremato. Belmonte lo vide accasciarsi tra le braccia della moglie. In fretta per non sentirsi ringraziare il comunista volse le spalle e andò in cerca di altre persone da soccorrere». L’articolo di Savioli si conclude così: «Un’ora dopo sulla strada tra Vietri e Molina Belmonte e Landi si trovarono faccia a faccia. L’abbraccio fu inevitabile. L’industriale stringendosi all’operaio gli disse: «Mi hai salvato la vita, se non ci fossi stato tu sarei morto». Belmonte ebbe l’animo di scherzare: «Lo vedi - disse, usando una frase che Landi usava ripetere - lo vedi che i comunisti la corda al collo non te l’hanno messa...». Perché, mi ricordava Umberto Apicella nell’intervista del 2005, Arturo Belmonte, detto affettuosamente Arturiello, era così.

© RIPRODUZIONE RISERVATA