Antonio, la vita spezzata a soli 32 anni:
in suo nome un'associazione per i fragili

Antonio, la vita spezzata a soli 32 anni: in suo nome un'associazione per i fragili
di Rossella Liguori
Domenica 23 Ottobre 2022, 12:00
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«Se dovessi identificare mio figlio in un aggettivo direi subito scalpitante» . Antonietta scava nel suo dolore, nelle pieghe più segrete del cuore, varca i confini della mente per chiudersi in uno spazio che non ha tempo dove si approda alle foci dell'anima. È lì che si conservano e, soprattutto, si preservano le parole più difficili da pronunciare, ed anche le domande senza risposte. Parla di Antonio cercando proprio quelle parole che sono come voci. «Cosa posso raccontarti senza essere banale, senza togliere, senza mistificare. Mai riusciremo a comprendere fino in fondo cosa si sia rotto nel suo perfetto meccanismo. Ci ha squarciato l'anima, come se fosse un vecchio lenzuolo». Antonio Cerrato, suo figlio, il suo unico figlio. È il 20 agosto del 2020, a 32 anni decide di farla finita. Lo fa probabilmente con estrema lucidità. È un gesto che colpisce nella sua durezza ed essenzialità. Per lui è come spegnere una luce. Non prima, però, di aver lasciato parole per i genitori, Antonietta e Gaetano, scritte con amore e delicatezza. Cerca forse di spiegare l'inspiegabile, in quell'ultimo atto, di non lasciare un carico di interrogativi ai genitori. È un atto di amore immenso mentre sta dando loro il dolore più grande, ma tenta di alleviarlo.

«Era gentile, di quella gentilezza che quasi non eri più abituata a riconoscere tra i ragazzi - dice Antonietta - Sensibile, molto, ma non un debole: era deciso, curioso, uno studioso a 360 gradi. Aveva obiettivi precisi e li raggiungeva. Viveva le sue esperienze sempre ad alti livelli, forse chiedendo troppo a se stesso. Se dovessi identificarlo in un aggettivo penso alla parola scalpitante, perché non amava l'attesa, di nessun genere. Non sapeva darsi tempo. Aveva sete, sempre. Ti abbracciava con affetto sincero e sorrideva assai. E forse, quando l'ha incontrato, il male di vivere lo ha sopraffatto. O forse no. Perché ha scelto di volare a modo suo: alto. Mai riusciremo a comprendere fino in fondo cosa si fosse rotto nel suo perfetto meccanismo. Ci ha squarciato l'anima come fosse un vecchio lenzuolo. L'unica opportunità che abbiamo è raccontarlo, per far sì che chi attraversa il buio dentro se stesso non si senta solo». Antonio e quella irrequietezza di chi vuole prendere dalla vita il più possibile, senza sosta. Raccogliere a piene mani le emozioni, tenere stretti i pugni per raggiungere gli obiettivi. E scrollarsi di dosso la polvere della fatica, per ricominciare subito. Ricercatore, aveva appena conseguito il dottorato in Psicologia alla Federico II, tesi sullo sviluppo metodologico e tecnologico di un prototipo innovativo applicato alle neuroscienze cognitive e al Technology Enhanced Assessment. Antonio faceva parte del Natural and Artificial Cognition Lab del Dipartimento di Studi Umanistici dell'Ateneo, collaborando inoltre con l'Institut du Cerveau et de la Moelle Épinière di Parigi. «La Federico II - hanno detto dall'Ateneo - ha perso un promettente ricercatore. La sua immensa gentilezza e disponibilità, unite alla dedizione e alla passione per la ricerca hanno fatto di lui una presenza fondante del laboratorio e del dipartimento». Per lui è nata l'associazione Il filo di Antonio, domani al Teatro De Lise di Sarno il focus «Come afferrare il filo - Una guida per attrezzarsi al benessere mentale». «Come il filo che, nel mito, Arianna usò per aiutare Teseo a segnare la strada percorsa nel labirinto del Minotauro e ad uscirne salvo - dicono dall'associazione - Avere la consapevolezza che c'è possibilità di afferrare il filo ed riuscire ad attraversare i propri labirinti interiori è il messaggio che vogliamo lanciare per ricordare Antonio». 

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