Cetara, bimba vittima di abusi: dopo l'archiviazione dell'inchiesta bocciata la richiesta di risarcimento degli indagati

Abusi sessuali su una minore di Cetara, l'inchiesta viene archiviata ma gli indagati non hanno diritto al risacrimento

Aula di tribunale
Aula di tribunale
di Viviana De Vita
Lunedì 23 Ottobre 2023, 06:10 - Ultimo agg. 09:22
4 Minuti di Lettura

Azione risarcitoria infondata e inammissibile in termini temporali. Si chiude con un rigetto il procedimento civile intentato dalla famiglia della ragazza di Cetara “vittima” di un’inchiesta della Procura su un grosso giro di pedofilia che, culminata nel gennaio 2010 con l’esecuzione di tre misure di custodia cautelare (in carcere finirono il padre, il fratello e il vicino di casa della minore), si concluse 6 anni dopo con un’archiviazione ritenuta dalla famiglia “tardiva” poiché la ragazza, affidata prima alla sua maestra e poi finita in comunità, ha nel frattempo raggiunto la maggiore età e ha fatto perdere le tracce non ricongiungendosi mai più ai suoi genitori.

Un’inchiesta lunga e complessa che ha distrutto un intero nucleo familiare che, dopo aver già intentato il procedimento per il risarcimento dell’ingiusta detenzione, ha chiamato in causa il presidente del Consiglio dei Ministri al quale spetta risarcire il danno in base alla cosiddetta legge Vassalli che sancisce il principio della responsabilità civile dei magistrati. La decisione del giudice è arrivata dopo 5 anni: il Tribunale di Napoli, in composizione monocratica (dottoressa Carolina De Falco), ha rigettato la domanda risarcitoria avanzata dal legale della famiglia, l’avvocato Antonio Bruno, condannando per giunta il padre e il fratello della ragazzina, al pagamento di 9mila euro. 

Il cuore della motivazione è tutto qui: «l’archiviazione – scrive il giudice – non ha rivelato l’insussistenza delle violenze o del clima intimidatorio e di soprusi cui era stata assoggettata la bambina, divenuta poi adolescente, ma lascia solo intendere che, a causa dello stato compromesso della lucidità della persona offesa, causata dagli innumerevoli stress subiti, non si era raggiunta una tranquillizzante serie di elementi atti a stabilire chi, ed in quali circostanze dei due stretti congiunti, avesse perpetrato le violenze e in che circostanze». Il giudice si rifà alla richiesta di archiviazione affermando che «a fronte di dati oggettivi (precoce deflorazione della minore, con segni di abusi risalenti nel tempo; consulenze psicologiche attestanti un grave disturbo post traumatico; relazioni dei servizi sociali attestanti un clima familiare grave con tendenza ai soprusi e alla sottomissione delle componenti femminili a quelle maschili; crescita della minore in un ambiente promiscuo ed omertoso), il quadro probatorio non ha consentito di ritenere i fatti non verificatisi, quanto piuttosto di sostenere l’accusa in giudizio contro uno o l’altro indagato». 

Video

La vicenda risale al gennaio 2010 quando finirono in carcere il padre della minore, il fratello ed un vicino di casa. Due le inchieste aperte dalla Procura: una, affidata al sostituto procuratore Cristina Giusti, riguardava la posizione dei presunti stupratori; l’altra, affidata al pubblico ministero Valleverdina Cassaniello, riguardava tutti gli altri indagati per i quali si profilava l’ipotesi di reato di pedopornografia. Nel piccolissimo centro di Cetara scattarono 18 perquisizioni ed altrettante famiglie finirono sul registro degli indagati. La Procura, sulla scorta delle dichiarazioni rese dalla minore, ipotizzò l’esistenza di un enorme giro di pedofilia comune a quasi tutto il paese di Cetara. Nel febbraio 2010 il tribunale del Riesame, confermò la misura cautelare a carico dei tre indagati. I legali, però, non gettarono la spugna e proposero ricorso in Cassazione: fu la prima crepa nel castello costruito dalla Procura.

Il 5 maggio 2010 gli “ermellini” annullarono l’ordinanza e rinviarono gli atti al tribunale del Riesame che, il primo ottobre 2010 dispose l’immediata scarcerazione degli indagati: per i giudici non poteva «attribuirsi il crisma dell’attendibilità» alle dichiarazioni della minore. La ragazza è «soggetto inaffidabile» e gli scenari di violenza dipinti dalla Procura a tratti appaiono «addirittura inverosimili».

Ai magistrati salernitani furono però necessari altri 5 anni per chiedere al Gip l’archiviazione del procedimento conclusosi solo l’8 luglio 2016. La ragazza aveva ormai raggiunto la maggiore età e di lei si erano perse le tracce.

© RIPRODUZIONE RISERVATA