Salerno, don Roberto Faccenda sulla crisi del mondo giovanile: scuola e famiglia insegnano nozioni, non il senso della vita

Don Roberto Faccenda è il coordinatore dei movimenti giovanili di Salerno: il suo intervento sul fenomeno minori e droga

Don Roberto Faccenda
Don Roberto Faccenda
di Monica Trotta
Sabato 2 Marzo 2024, 07:00 - Ultimo agg. 16:19
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Il mondo giovanile lo conosce bene: giovedì mattina ha parlato ad un gruppo di alunni di terza media della scuola Tasso durante uno dei tanti incontri che fa con gli studenti. Per il suo ruolo di direttore dell’ufficio pastorale giovanile e dell’ufficio pastorale scolastico, don Roberto Faccenda coordina i movimenti giovanili delle parrocchie e segue diversi progetti nelle scuole. 
 
Don Roberto, l’arresto di due baby spacciatori di hashish ha scoperchiato un mondo giovanile a volte poco esplorato in cui si scopre che molti ragazzini consumano e spacciano spinelli e bevono alcol già dai dodici-tredici anni. È stupito da questi dati?
«Non mi meraviglia che ci siano stati degli arresti anche se considero l’arresto l’ultima possibilità per il miglioramento dei ragazzi, mi meraviglia la visione che hanno i giovani. Questa generazione non ha limiti. Nella loro mente fanno questo discorso: l’ho pensato, lo posso fare. Non mi meraviglia il fatto che pensano di poter spacciare pur essendo così giovani come non mi meraviglia il fatto che utilizzino linguaggi, modalità ed espressioni nei confronti dei propri insegnanti o educatori che definirei squallidi. La mia generazione e quella prima della mia aveva un limite che era dettato dal rapporto che si aveva nei confronti delle persone più grandi e dalla loro autorevolezza». 

Da cosa nascono tanti comportamenti sbagliati nei ragazzi che possono portare a dipendenze importanti o a commettere reati?
«I ragazzi purtroppo sono convinti che quello che conta nella vita è vivere delle esperienze ed accumularne sempre di più perché solo così diventeranno delle persone migliori.

Noi sappiamo invece che il mondo molto spesso è una giungla e in questa giungla ti può capitare di essere schiacciato». 

Che cosa dice loro quando li incontra nelle scuole o in parrocchia? 
«Li invito a riflettere sul senso della propria esistenza che già a quattordici, quindici o sedici anni dovrebbe essere presente nella loro coscienza. Qual è il loro orizzonte? Anche divertirsi deve avere un senso ed un perché. Noi adulti abbiamo la responsabilità di capire che alcune cose le abbiamo mancate e fallite e quindi dobbiamo riflettere seriamente su come poter ripartire, loro devono comprendere che determinate esperienze senza alcun tipo di senso sono cose che con il tempo li portano a fallire. Mark Twain diceva che due sono i giorni più importanti della vita: il giorno in cui nasci ed il giorno in cui ne conosci il perché. Sono convinto che i ragazzi festeggiano sempre il proprio compleanno ma spesso dimenticano di comprendere perché siamo stati messi al mondo, qual è lo scopo della nostra esistenza, qual è l’orizzonte della nostra vita». 

Chi deve guidarli in questa comprensione? 
«Un po’ dovrebbero capirlo da soli, un po’ le agenzie formative dovrebbero indicare gli orizzonti. La cosa profonda che mi colpisce è che spesso la scuola vive solo un aspetto del suo servizio cioè quello di insegnare nozioni mentre per tanti motivi che a volte non dipendono da chi la scuola la fa, dimentica la funzione educativa. Anche nelle famiglie è un po’ così: pensiamo di dare delle nozioni per far vivere delle esperienze ma ci dimentichiamo che i ragazzi andrebbero anche educati, con la forza dei no ad esempio». 


Cosa fare per aiutarli? 
«Noi adulti dobbiamo vivere un senso di responsabilità maggiore evitando che siano altri organismi ad educarli, ad esempio i video su tik tok e gli influencer che li fanno sentire omologati mentre dovrebbero coltivare la bellezza della diversità, della sconfitta, che sono tutti piccoli passi verso una crescita. Il secondo dato è che dobbiamo smettere di essere connessi ma riprendere in mano l’impatto più vero e più bello che è quello delle relazioni, sentire il profumo di una persona, stare a contatto fisico e vivere delle relazioni che siano piene e significative».

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