Liste d'attesa con il trucco al Ruggi
colpo in Cassazione per il primario

Brigante con Fukushima
Brigante con Fukushima
Sabato 12 Novembre 2016, 00:39 - Ultimo agg. 28 Dicembre, 15:23
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SALERNO - C'erano tutte le «risultanze probatorie» per emettere le misure cautelari nei confronti di Luciano Brigante, il primario di neurochirurgia dell'ospedale salernitano Ruggi indagato per concussione insieme ad altri camici bianchi - tra i quali Takanori Fukushima il neurochirurgo del falso tumore del Papa - per aver preteso soldi da pazienti esterni afflitti da gravi patologie cerebrali per operarli nel suo reparto, con l'assistenza del luminare giapponese, scavalcando le liste di attesa. Lo sottolinea la Cassazione respingendo il ricorso di Brigante presentato ai fini di ottenere il risarcimento da ingiusta detenzione contro l'ordinanza del Tribunale del riesame di Salerno che lo scorso 28 aprile aveva confermato i domiciliari, revocati lo scorso primo luglio.

Ad avviso della Suprema Corte - sentenza 46649 depositata il sette novembre - «la valutazione del Tribunale è coerente ed aderente alle evidenziate risultanze probatorie» dato che i pazienti «hanno descritto le loro condizioni di salute, le vicissitudini affrontate, il contesto, le modalità ed i sistemi con cui venivano formulate» dal primario «le richieste di danaro, la cui natura indebita è ricavabile in primo luogo dalla circostanza che gli interventi venivano eseguiti in regime di ricovero ordinario e non intramoenia, non essendo peraltro l'indagato autorizzato in tal senso». «In secondo luogo - prosegue il verdetto - dalla circostanza che ai pazienti veniva prospettata l'assoluta necessità ed urgenza dell'intervento, ma, al contempo, la necessità di attendere i tempi lunghi delle liste di attesa, ponendoli così di fronte all'alternativa di pagare per non attendere ed essere operati privatamente; di essere dimessi, in quanto già ricoverati, o pagare la somma richiesta; di pagare per anticipare l'intervento».

Per la Cassazione, è «corretta la valutazione dei giudici di merito che hanno ritenuto abusante e soverchiante la posizione» del primario Brigante e «coartanti le richieste di denaro dirette a pazienti non in condizione di resistere o opporsi alle indebite richieste ma costretti a piegarsi nella speranza di vedere migliorare le proprie condizioni di salute». Ad avviso degli 'ermellinì, Brigante per il suo «indubbio» ruolo apicale era «titolare del potere di pianificare i ricoveri, di stabilire le priorità in relazione alle urgenze cliniche ed il piano operatorio, decidendo date ed equipe operatoria». È altresì «indubbio» che il primario «non era autorizzato a svolgere attività libero professionale chirurgica all'interno dell'ospedale» pertanto «non poteva operare privatamente nè farsi remunerare per l'attività svolta in orario di lavoro presso la struttura pubblica». Tra i pazienti, ci sono stati casi di persone alle quali veniva prospettato di farsi operare da Fukushima presso la clinica pisana di San Rossore al costo di 60mila euro o di sottoporsi allo stesso intervento, sempre con il chirurgo giapponese, presso l'ospedale di Salerno pagando 20mila euro. Una parte dell'inchiesta è stata trasmessa a Pisa. 

Contestualmente, la Cassazione ha rigettato anche il ricorso presentato dalla Procura di Pisa contro l'ordinanza del Tribunale del Riesame di Firenze che annulll l'ordinanza applicativa della misura degli arresti domiciliari, emessa il 24 maggio dal Gip. «Il nodo centrale della vicenda in esame - scrive l'Alta Corte - è la qualificazione giuridica della condotta, contestata come concussione, ma esclusa dal Tribunale, difettando in primo luogo, la qualifica di pubblico ufficiale del Liberti, con il quale i pazienti trattarono e concordarono l'esecuzione degli interventi presso l'ospedale di Salerno. La valutazione deve ritenersi corretta alla luce delle illustrate dichiarazioni rese dai pazienti, dalle quali risulta che gli stessi, affetti da neoplasie cerebrali in attesa di sottoporsi a delicati interventi chirurgici, dopo aver appreso che il professor Fukushima era il massimo esperto ed aveva aperto un centro anche in Italia a Pisa, si erano sottoposti a visita nel gennaio e febbraio 2015 presso la clinica di San Rossore e dal Liberti, neurochirurgo collaboratore del luminare e responsabile della clinica, erano stati informati che il professore sarebbe venuto in Italia per eseguire degli interventi il 22 marzo e che l'intervento poteva essere eseguito presso la clinica di San Rossore al prezzo di 60 mila euro (di cui 20 mila a titolo di onorario e la somma residua per spese, destinata all'istituto) o ad un prezzo notevolmente inferiore presso l'ospedale di Salerno. Ciò posto, va evidenziato che il Liberti agiva come privato professionista, quale allievo e collaboratore del Fukushima nonché legale rappresentante del Fukushima Brain Institute- Studio medico associato, sul cui conto corrente confluirono le somme versate dai pazienti per gli interventi operatori. Da tale ricostruzione risulta chiaro, secondo l'ordinanza impugnata, che il Liberti aveva la veste di privato e che con questi furono conclusi gli accordi con i pazienti, ai quali fu posta soltanto l'alternativa tra l'eseguire l'intervento presso la clinica ad un prezzo più elevato o presso l'ospedale salernitano ad un prezzo notevolmente inferiore, ottenendo, in entrambi i casi, l'assicurazione che l'intervento sarebbe stato eseguito dal luminare. A tali accordi sono risultati estranei sia il Fukushima, ugualmente libero professionista, sia il Brigante ed essendo pacifico che le somme richieste ai pazienti dal Liberti costituivano l'onorario del professore, non è ravvisabile la concussione nei termini prospettati dal ricorrente in mancanza di elementi che provino la partecipazione del pubblico ufficiale a tali accordi né risultando che il Liberti avesse richiesto il pagamento, promettendo l'abuso di posizione del Brigante, poiché le somme erano richieste a titolo di onorario del Fukushima. Né il concorso è desumibile dalla successiva evoluzione dei fatti, in difetto di maggiori approfondimenti sui rapporti esistenti tra gli indagati o sull'eventuale divisione dei compensi, come pur potrebbero autorizzare la circostanza riferita dalla moglie del paziente Erba Marco, alla quale il Brigante raccomandò di tacere la circostanza del pagamento e di mantenere il riserbo sul "nostro accordo economico" o la circostanza che dai flussi finanziari del Fukushima B.I. emergano bonifici periodici all'estero destinati al Fukushima per importi complessivi, non riferibili ai singoli interventi». «Pertanto - conclude la Cassazione - appare corretta la conclusione del Tribunale che i pazienti decisero di sottoporsi a delicati interventi chirurgici, scegliendo quale operatore il neurochirurgo migliore e rivolgendosi alla struttura privata dello stesso, accettando che gli interventi fossero eseguiti presso una struttura pubblica, pur consapevoli della irregolarità della situazione, piuttosto che presso la clinica per l'evidente vantaggio di ottenere la stessa qualificata prestazione ad un prezzo più conveniente, come risulta palese nel caso del Pastore, disposto a sostenere anche il maggior esborso pur di essere operato dal professor Fu kush i ma. Né risulta che fosse stato prospettato un danno ingiusto per la salute dei pazienti, avuto riguardo ai termini dell'alternativa proposta ed alla consapevolezza degli stessi di ottenere uno sconto e l'esecuzione degli interventi presso una struttura pubblica. Sebbene sia indubbia la situazione di totale irregolarità in cui avvennero gli interventi, come ritenuto dal Tribunale, ciò non incide sulla qualificazione giuridica delle condotte, non risultando che ai pazienti fosse stato prospettato l'abuso del Brigante, né competeva ad essi sincerarsi che l'intervento del Fukushima fosse autorizzato o che il Brigante avrebbe loro assicurato una corsia preferenziale, garantendo i ricoveri senza alcuna visita e senza il rispetto delle liste di attesa, potendo la condotta rilevare sotto altro profilo per l'utilizzo indebito della struttura pubblica». 
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