Prof e bidelli, titoli falsi per lavorare
al Nord: 182 rischiano il processo

Prof e bidelli, titoli falsi per lavorare al Nord: 182 rischiano il processo
di Nicola Sorrentino
Martedì 11 Ottobre 2022, 07:17 - Ultimo agg. 14:04
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Falso in atto pubblico e truffa ai danni dello Stato sono le accuse che la Procura di Vallo della Lucania muove a 182 persone, per le quali è stato chiesto il rinvio a giudizio. L'udienza preliminare dinanzi al gip, fissata per il marzo 2023, si celebrerà presso l'aula bunker di Fuorni a Salerno, visto il numero elevato di imputati. La maxi indagine, che conta 342 capi d'accusa ed un numero di indagati complessivi che va oltre le 500 persone (ci sono stati diversi stralci), racconta di titoli di studio datati, falsificati e poi presentati per ottenere punteggio nelle graduatorie scolastiche e come personale Ata. Trentotto degli imputati provengono dall'Agro nocerino sarnese, residenti nei comuni di Nocera Inferiore, Scafati, Pagani, Sarno, Roccapiemonte, ma anche Siano, Mercato San Severino e Cava de' Tirreni, alcuni dal Cilento, dalla città di Salerno così come dalla provincia di Napoli. 

Il lavoro dei carabinieri era partito dopo una segnalazione di un Ufficio Scolastico regionale, che aveva evidenziato come alcuni docenti, per l'assunzione in ruolo nel 2018, avessero presentato titoli di studio molto datati e mai presentati in nessuna procedura concorsuale. Da una verifica di quei titoli, si era poi scoperto che la documentazione non era stata mai utilizzata. Centinaia furono le acquisizioni, in tutta Italia, di quei titoli di studio ritenuti sospetti. Nel mirino finì un istituto paritario di San Marco di Castellabate, dove sarebbero stati formati tutti quegli atti, in questo caso diplomi così come ulteriore certificazione, che serviva per ottenere un posto di lavoro nelle scuole pubbliche. Durante l'indagine, il legale dell'istituto spiegò che era stato sostituito il coordinatore didattico, corpo docenti e personale amministrativo, spiegando che il personale indiziato dei reati non fosse più in servizio presso la scuola. Diverse centinaia, invece, furono i casi finiti sotto la lente d'ingrandimento dei carabinieri, come ad esempio quello di una donna residente nel Friuli che ottenne un posto come bidella in una scuola, presentando due diplomi quali requisiti. I due diplomi, in realtà, non furono mai conseguiti. La donna lavorò da novembre 2018 a giugno 2019, poi da settembre 2019 a giugno 2020, percependo lo stipendio che le fu poi confiscato. Agli investigatori spiegò di aver conseguito la qualifica professionale per operatore dei servizi di ristorazione e, in aggiunta, un secondo diploma. Lo stesso avvenne per una 45enne di Sarno, che riuscì a lavorare in una scuola in provincia di Varese, con un titolo falso, per almeno due anni.

Capitava però che altri indagati, invece, riuscissero ad ottenere supplenze, nel giro di due anni, anche in sei o sette istituti. Il lavoro di verifica dei carabinieri sui registri dell'istituto di Castellabate durò oltre un anno, con l'indagine che pian piano si estese in tutta Italia, raggiungendo chiunque avesse beneficiato di un attestato per ottenere un posto di lavoro in una scuola pubblica. I fatti sono compresi tra il 2012 e il 2017. Buona parte dei casi riguarda persone che ottennero un posto come insegnante grazie a diplomi falsi. In questo caso furono tratti in inganno sia il Ministero dell'Istruzione che la scuola in questione, che concesse incarico di supplenza o di sostegno all'aspirante candidato, che ottenne poi di conseguenza la retribuzione totale lorda per il periodo indicato dal servizio. La Procura scoprì false pergamene, discrasie tra registri e titoli, così come le tariffe che corrispondevano all'ottenimento del titolo. Un'ipotesi, questa, che non rientra in questo procedimento. 

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Dalle indagini, tuttavia, era emerso che il costo di ciascuno (diplomi di grado preparatorio, diplomi di specializzazione polivalente, diplomi di qualifica professionale) andava dai 1000 ai 2.500 euro. Circostanze che provocarono danni per milioni di euro alla pubblica amministrazione. Le parti e i singoli avvocati dovranno ora presentarsi in udienza preliminare, a marzo, per valutare se scegliere di affrontare il processo o chiedere per i propri assistiti dei riti alternativi, come è stato già fatto quando la Procura di Vallo notificò gli avvisi di conclusione dell'indagine. 

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