«C'è chi rilegge lettere d'amore o contempla le immagini del passato, io, che trovo tutto ciò piuttosto funebre guardo i menù del passato e mi rallegro: si possono sempre rifare, si può sempre far rivivere un piatto, ridestare un sapore, risentire un aroma»: è il capitolo conclusivo di «Il Rigettario. Fatti, misfatti e menù disegnati al pennarello», il manuale di cucina di Ugo Tognazzi edito da Fabbri nel 1978, in cui l'attore e regista, nonché cuoco eccellente, esplicita la sua «filosofia del rigetto», ovvero «il rifiuto di tutto ciò che, in gastronomia e nell'arte culinaria è convenzionale, prestabilito, codificato». Rileggere oggi i suoi «mangiarini», sospesi tra tradizione e innovazione, riassaporare il suo diario di «fatti e misfatti, complice la ristampa del volume grazie a Delia Agenzia Letteraria, è il modo migliore per far rivivere Ugo Tognazzi in tutta la sua straripante «Voglia matta di vivere», come titola il film-ritratto firmato alla regia dal figlio Ricky, in occasione dei cento anni della nascita.
Un anniversario celebrato con una serie di omaggi. Come il memoir «Ugo.
Un libro che rivela lo sguardo in avanti di Ugo non solo nel cinema ma anche in cucina.
«Bello il titolo della rassegna, esprime la modernità di mio padre, le sue intuizioni, la sua capacità di leggere il presente e predire in qualche modo il futuro, cosa che lo accomuna ad altri grandi intellettuali e cineasti nati, come lui, negli anni Venti. Nel campo del cibo, è stato un pioniere, con l'acquisto negli anni Sessanta di una piccola casa di campagna a Velletri, del recupero del territorio e dei prodotti a chilometro zero. In questo posto, dove mancava persino l'acqua, impiantò l'orto, il frutteto, un pollaio, la serra. La battezzò la Tognazza e vi realizzò la grande cucina, felice di essere autarchico e di sperimentare la sua arte culinaria per nutrire, e sedurre, chi aveva accanto in un gesto d'amore che era anche desiderio di convivialità».
Metteva in scena un vero e proprio rituale.
«Il cinema gli aveva dato tanto, ma gli mancava il teatro, l'applauso a scena aperta, l'emozione di esibirsi dal vivo. Forse proprio per questo pensò di sostituire il teatro con il gusto di stare insieme. Attraverso la cucina aveva trovato un nuovo palcoscenico, ma guai a criticare i suoi piatti, era intollerante ai giudizi negativi. Ci sono tra gli aneddoti quello della pasta e fagioli bocciata da Paolo Villaggio solo per provocarlo, e quello della festa di compleanno della piccola Maria Sole a base di panini con foie gras e ostriche. I suoi amichetti li buttarono, lei mogia disse a papà: i bambini non mangiano queste cose; e lui: non capiscono un caz... Per fortuna Franca, quando non c'era, ci coccolava con sofficini e patatine fritte».
Nel suo estro creativo, Ugo dipingeva anche i menù.
«Era appassionato d'arte moderna, questo era il suo modo di esprimersi. Con pennelli speciali, brillanti, fluorescenti, scriveva le portate, colorava i menù, a volte li illustrava. Il Rigettario ne è ricco. Lo ha scritto a Quiberon, in una lussuosa clinica per dimagrire, per evocare il cibo. É il libro più più gustoso che si potesse scrivere durante una dieta e che si potesse poi leggere divorandolo con gli occhi».
Questo libro nasce a poco più di 30 anni dalla morte di suo padre. «È stata una figura importante. Padre, maestro e amico. Era divertente, tenero, ti faceva ridere mettendosi in ridicolo, raccontava aneddoti pazzeschi e stare con lui sul set era meraviglioso. Non stava mai in cattedra ma dava consigli amicali, sempre vicino al momento giusto e poi pronto a ad allontanarsi verso altri lidi. Sono felice che abbia visto il mio debutto, il mio film Ultrà l'ho dedicato a lui».