Salerno, molti cittadini truffati da un ravennate: ha proposto loro falsi finanziamenti a fondo perduto

Diversi salernitani finiti nella rete di un ravennate con falsi finanziamenti: ma loro non hanno mai intascato i soldi

Guardia di finanza al lavoro
Guardia di finanza al lavoro
Martedì 6 Giugno 2023, 18:11
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Ci sono anche dei salernitani tra i truffati di un 50enne di Ravenna al quale la guardia di finanza ha contestato la mancata dichiarazione al fisco di redditi illeciti conseguiti nel periodo 2017-2021 per un ammontare complessivo di 650mila euro, quali proventi di centinaia di truffe commesse sull'intero territorio nazionale a danno di oltre 500 vittime. Mirate indagini finanziarie che hanno permesso di ricostruire analiticamente i guadagni illeciti accumulati nel tempo e le consistenti spese personali sostenute dal soggetto verificato per mantenere un tenore di vita, rivelatosi decisamente agiato. L'intera vicenda è scaturita da due denunce-querele ricevute ad aprile 2021 dai finanzieri di Faenza, ma le successive indagini hanno evidenziato fin da subito uno scenario ben più ampio e grave: in effetti il soggetto è ora accusato di aver ideato un vero e proprio sistema di truffe «a catena» in cui si sono imbattuti centinaia di ignari imprenditori o padri di famiglia bisognosi di liquidità, anche, e soprattutto, durante l'emergenza pandemica. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, infatti, il ravennate si sarebbe presentato come rappresentante o presidente di organismi vari, creati appositamente, la cui denominazione poteva facilmente confondersi con quella di note associazioni di categoria o centri studi realmente esistenti e operanti a livello nazionale, millantando anche frequentazioni con politici di primo piano.

Ottenuta la fiducia dei suoi interlocutori, avrebbe loro proposto finanziamenti a fondo perduto o comunque agevolati, erogati dall'Unione europea a favore di piccole e medie imprese nonché di privati, previo versamento anticipato di un corrispettivo compreso tra i 600 e i 1.200 euro per ogni richiesta, come compenso per l'attività di consulenza da lui prestata nell'istruttoria delle relative pratiche, in realtà mai avviate. Per fornire una parvenza di regolarità e credibilità all'operazione avrebbe fatto sottoscrivere ai malcapitati perfino un formale atto di «conferimento di incarico di consulenza» a suo dire necessario per avviare la pratica, e quando le persone cominciavano a lamentarsi per il mancato accredito delle somme richieste avrebbe perfino fatto loro recapitare false comunicazioni da parte di fantomatici Organismi dell'Unione Europea, con tanto di loghi ufficiali abilmente riprodotti, attestanti l'accoglimento delle istanze e la prossima erogazione delle somme richieste.

In molti casi, poi, creando falsi profili che diceva essere riconducibili a funzionari in servizio presso le istituzioni comunitarie, utilizzando un'utenza telefonica croata inviava messaggi che poi mostrava o inoltrava alle vittime per indurle ulteriormente in errore circa la buona riuscita delle operazioni finanziarie. Sulla base di tale documentazione, in alcuni casi gli interessati hanno anche acquistato beni e fatto investimenti con rateizzazioni per le quali sono risultati inadempienti non avendo mai ricevuto le somme sperate e subendo, quindi, ulteriori danni patrimoniali in aggiunta a quanto inutilmente e illecitamente versato. Per espandere il giro d'affari, infine, l'indagato non si sarebbe fatto scrupoli nemmeno a coinvolgere le sue stesse «vittime» nel sistema illecito, promettendogli un compenso in caso di presentazione di nuove persone interessate a queste forme di finanziamento. In questo modo il passaparola si è dimostrato un volano incredibile di procacciamento di altre vittime, moltiplicatisi velocemente soprattutto nel corso della pandemia, quando agricoltori e piccoli imprenditori in crisi di liquidità vedevano in queste soluzioni finanziarie una possibile ancora di sopravvivenza.

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