Studente accoltellato,
l’abbraccio del perdono

Studente accoltellato, l’abbraccio del perdono
di ​Viviana De Vita
Mercoledì 30 Novembre 2016, 06:55 - Ultimo agg. 08:43
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Un lungo abbraccio, in segno di perdono, dopo mesi di rancore e silenzio. Si sono ritrovati ieri faccia a faccia, davanti al giudice Di Florio del tribunale per i minori, i due studenti salernitani protagonisti della violenta rissa consumatasi lo scorso febbraio nell’istituto tecnico Genovesi dove, dopo un banale diverbio, fu sfiorata la tragedia. Giovanni I. accoltellò il compagno di classe, Carmine S. riducendolo in fin di vita. Accompagnati dai rispettivi legali, Loredana Masuccio per l’imputato, e la penalista Marina Manconi per la parte offesa, i due giovani hanno parlato a lungo prima dell’udienza, provando a superare quel muro che li divideva dallo scorso inverno. 
Giovanni, in questi mesi, aveva scritto più volte al compagno di classe chiedendogli perdono, senza ricevere risposta. Un contatto cercato anche dai genitori dello studente, che avevano voluto fare arrivare solidarietà alla famiglia di Carmine: i tentativi di riconciliazione, però, erano stati vani. Ieri, di fronte a quel lungo abbraccio, anche le due famiglie si sono ritrovate. All’esito dell’udienza l’aggressore, che dallo scorso giugno ha lasciato il carcere ed è stato trasferito in una comunità, ha ottenuto la misura cautelare meno afflittiva dei domiciliari con l’obbligo di frequentare la comunità alla quale era stato affidato. Il suo legale ha poi chiesto la sospensione del processo con messa alla prova e l’udienza è stata rinviata al prossimo 20 dicembre. In questo arco di tempo gli assistenti sociali dovranno redigere il piano di rieducazione che potrebbe prevedere momenti di incontro tra vittima e aggressore. Giovanni risponde di tentato omicidio, aggravato dai motivi futili e abietti.
Era il 15 febbraio scorso quando, in una normale giornata di scuola, è cambiata la vita di due studenti che, nelle aule dell’istituto tecnico Genovesi, oltre ai calcoli matematici, avrebbero dovuto imparare ad affrontare la vita. La tragedia fu l’epilogo di una lunga serie di schermaglie. I due ragazzi erano nel laboratorio di coordinamento motorio per una lezione «alternativa», prevista nel periodo di autogestione.
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