Gianfranco, il tipo giusto tra 100mila: «Così ho donato il midollo»

Gianfranco, il tipo giusto tra 100mila: «Così ho donato il midollo»
di Maria Pirro
Venerdì 5 Aprile 2019, 08:00 - Ultimo agg. 19:16
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È il fratello maggiore di Alex, il tipo giusto tra 100mila potenziali donatori. Il primo idealmente nella fila infinita in piazza del Plebiscito per aiutare il bimbo di diciotto mesi affetto da una rara malattia genetica o un altro in difficoltà. È un ragazzo di 28 anni che ha accettato di dare il midollo in anticipo su tutti gli altri, prima ancora che ci fosse tanta mobilitazione.

«Ho la fortuna di essere stato chiamato a distanza di sei mesi dalla tipizzazione Hla», dice Gianfranco del Sole. Sì, la definisce una fortuna, quella di aver potuto aiutare qualcuno che in realtà non conosce, così come dettato dalla legge, «anche se penso spesso a questa persona, con cui ormai ho un legame indissolubile».
 
Il giovane studia biologia all'Università di Tor Vergata, sogna di diventare nutrizionista e lavora alla Tim per mantenersi fuori sede. Sua mamma è casalinga, suo papà impiegato, e ha una sorella più piccola. «La mia famiglia ha sostenuto questa scelta: mi è stata accanto in tutte le fasi del percorso. Un viaggio straordinario».

Del Sole ricorda con esattezza quando è iniziato: «Con il mio amico infermiere, Luigi Solla, che mi propose di aderire alla banca dati, facendo un semplice prelievo ematico». Da quattro anni Gianfranco era già un donatore abituale di sangue, un'altra pratica decisiva per tanti altri malati eppure così poco seguita. Racconta: «Stavo seguendo un corso di chimica in Ateneo, quando mi telefonarono dal Policlinico della Federico II: ero felice che accadesse a me, ma anche un po' preoccupato per l'operazione». La prima in assoluto a maggio scorso eseguita con l'anestesia totale. Allora Gianfranco si era già trasferito a Roma e, per semplificare, ha completato l'iter al Policlinico Umberto II. «Dopo qualche giorno, mi contattò la dottoressa Perrone. La ringrazio perché mi ha sostenuto sin dall'avvio degli accertamenti di rito», chiede di sottolineare Del Sole, precisando tutti i passaggi «sono innanzitutto a tutela del donatore, che può essere scartato per motivi di salute e anche cambiare idea. In ogni momento».

Nel caso del piccolo Alex, l'unico soggetto compatibile (individuato attraverso una ricerca in Italia e all'estero) si è infatti tirato indietro, portando poi a far ricadere la scelta su uno dei genitori, il papà che è stato al Bambino Gesù di Roma. «Non ho mai pensato di rinunciare. Ho pensato invece che mi sarei potuto trovare io o un mio parente ad avere bisogno di una comunità d'affetti», sussurra Gianfranco.

È il classico bravo ragazzo. Gentile, fidanzato. Circondato da amici veri. Il 28enne ascolta la musica rock e il blues, va in palestra, ha un libro sul comodino nella casa in affitto in via Tuscolana che condivide con altri due studenti. «Il mio romanzo preferito è l'Alchimista di Paulo Coelho, ma mi piacciono anche gli horror, e i film del genere come It di Stephen King».

Nella fila infinita che ha commosso Napoli e non solo, il suo volto sarebbe probabilmente rimasto anonimo, ma mostrarlo serve oggi per contribuire a sostenere la campagna lanciata da Admo, onlus con 49mila adesioni che ha come scopo principale di sensibilizzare la popolazione sulla possibilità di contribuire al trapianto che può risultare indispensabile per curare leucemie, linfomi, mielomi e altre neoplasie del sangue. Tante, troppe persone in Italia ogni anno necessitano dell'intervento. «Per coloro che non hanno un consanguineo la speranza di trovare un midollo compatibile è legata all'esistenza del maggior numero possibile di volontari tipizzati, dei quali cioè sono già note le caratteristiche genetiche», chiarisce la presidente di Admo Rita Malavolta, che aggiunge: «È possibile iscriversi se si pesa più di 50 chili, si gode di buona salute e si ha dai 18 ai 35 anni. Le informazioni sono inserite nel registro nazionale che è collegato con tutti i registri internazionali. Ma solo uno su 100mila è appunto il tipo giusto». Come lo studente di biologia, che parla al plurale: «Noi giovani ci auguriamo che questo gesto possa diventare comune e non più considerato estremo o pericoloso». Una pausa per spiegare: «Il ricovero dura 48 ore, il dolore passa dopo qualche giorno. Ma è un gesto enorme, che si fa con pochissimo sforzo per quanto regala». Altra pausa, Gianfranco conclude: «È un gesto di cui andrò sempre fiero».
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