«Arrapaho», Ciro Ippolito ristampa il film cult in dvd Blu-ray: «Il primato del film più brutto di sempre»

«Arrapaho», Ciro Ippolito ristampa il film cult in dvd Blu-ray: «Il primato del film più brutto di sempre»
di Giovanni Chianelli
Venerdì 22 Aprile 2022, 11:00 - Ultimo agg. 23 Aprile, 12:01
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«A chi vuoi più bene? A papà o a mammà? chiede il grande capo Palla Pesante al figlio, Capo di Bomba. Il ragazzo: «A Pippo Baudo». Come reagisce Palla Pesante lo sanno in molti, e chi ancora lo ignora potrà godersi l'edizione restaurata in dvd Blu-ray di «Arrapaho», pubblicata da pochi giorni, a quasi 40 anni dall'uscita del film cult diretto da Ciro Ippolito dal titolo omonimo dell'album degli Squallor.

Il gruppo più scostumato della canzone italiana è protagonista del film coi suoi nomi di punta, Daniele Pace nel ruolo del grande capo e la voce narrante di Alfredo Cerruti, un cameo di Giancarlo Bigazzi e Totò Savio come componente della tribù dei Cafalones.

Tornano quindi Scella Pezzata e Mazza Nera, i Froceyenne e le demenziali incursioni delle finte pubblicità della Tranvel Trophy, con i siparietti di Pierpaolo e Berta, i tormentoni squalloristici più noti.

L'edizione restaurata è già prima in classifica nelle vendite: il culto si è tramandato dall'uscita nel 1984 ad oggi. Ad arricchire il «restauro», si fa per dire, un'intervista di Marco Giusti a Ippolito che racconta la genesi del film, gli aneddoti più gustosi, i retroscena.

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Lo racconti anche a noi, Ippolito: come nacque «Arrapaho»? Lei è stato attore, regista, produttore, veniva dai successi dei film sceneggiata con Merola.
«Avevo appena visto un film dei Monty Python, Il senso della vita, e volevo fare un lavoro del genere, un nonsense. Una sera, a Napoli, fui quasi investito da una 500, dentro c'erano dei ragazzi che cantavano a squarciagola, le casse a palla, il ritornello di Arrapaho degli Squallor. Scrissi al volo la storia di una sorta di Romeo e Giulietta in salsa pellerossa».

Quando contattò gli Squallor?
«Il mattino dopo ero già al telefono con Cerruti, la sera stessa ero a Milano e dopo un'ora chiudemmo il contratto, anche quello musicale con la Ricordi sui diritti di sfruttamento dell'lp. Dal giorno dopo iniziai a scrivere una serie di sketch con uno sceneggiatore teatrale, Silvano Ambrogi, poi tornai dagli Squallor perchè violentassero quelle bozze»».

Chi produsse il film?
«Non lo voleva nessuno. Goffredo Lombardo, proprietario della Titanus, mi disse che ero pazzo ad aver pensato a un film così. Ma io ci credevo, decisi di finanziarmelo da solo e lo girai in 15 giorni, costò 135 milioni. Rifiutai di puntare sui comici affermati, scommisi su un altro punto: la lavorazione del film doveva essere la parte esilarante, e quindi feci recitare il film a buona parte della troupe con le scene ripetute due volte, le sbavature, i fuori campo».

Chi ebbe il coraggio di distribuirlo?
«Neanche gli esercenti ci credevano, trovai solo due uscite, il 14 e 15 agosto a Viareggio e Ischia. Il film sbancò, a Ischia alle 3 di notte c'era ancora la fila per l'ennesima replica. E da lì è partita l'avventura: i distributori ci ripensarono e mi fu offerta un'uscita da blockbuster, 120 sale. A Napoli il primo giorno fece 11.000 presenze, fu al cinema da settembre a Natale con un incasso di 5 miliardi di lire. Lombardo mi richiamò, mi offrì un miliardo per fare Arrapaho 2, che invece si sarebbe chiamato Uccelli d'Italia».

Come si spiega il successo?
«Ci sono vari motivi. Il primo è che detti un volto agli Squallor, mettendo in video le loro geniali canzoni. Il Morandini lo definì il film più brutto della storia, un primato a cui tengo, che spero imbattuto: quella stroncatura lo rese immortale, gli devo molto. E, poi, anticipavo la logica delle clip del web: scene brevissime, battute fulminanti e fotografia sporca. Fui precursore dei matrimoni gay...».

Memorabile anche il nudo integrale di Tinì Cansino. Oggi, come la tribù dei Froceyenne, finirebbe nel mirino del politically correct?
«Oggi non potrei girare un film così».

Le scene più cult?
«Sicuramente la storia di Pippo Baudo. O le lacrime di Scella Pezzata che finivano vicino a stu cazz. E l'apparizione dell'adorato Pierpaolo, Gigio Morra, grande attore teatrale».

Come fu lavorare con gli Squallor?
«Ridevamo dalla mattina alla sera: tutto ciò che si vede era vero, e quasi tutto improvvisato. Cerruti inventava al momento, se gli avessi fatto ripetere le sue storie non sarebbero venute buone come la prima volta. Era timido, non volle apparire come invece fece per Uccelli d'Italia. Anche Pace fu lasciato libero, c'era l'anarchia più assoluta, fu un film dadaista a partire dal casting. Se veniva uno che sapeva recitare lo scartavo, se arrivava un cane lo prendevo. La Cansino ci era stata segnalata come nipote di Rita Hayworth, per me contava che fosse greca, e quindi con un accento assurdo, con tutte le curve al suo posto, svagata. Improbabile anche il protagonista maschile, Urs Althaus, poi divenuto celebre come Aristoteles in L'allenatore del pallone. Un grande signore per nulla portato per il cinema».

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