Matt Damon al festival di Cannes 2021, l'elogio della normalità: «Tornare in sala mi ha commosso»

Matt Damon al festival di Cannes 2021, l'elogio della normalità: «Tornare in sala mi ha commosso»
di Titta Fiore
Sabato 10 Luglio 2021, 11:00 - Ultimo agg. 18:13
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Nell'entusiasmo della ripartenza succede anche che un divo navigato come Matt Damon, vincitore di un Oscar e gran frequentatore di tappeti rossi da un quarto di secolo, di fronte agli applausi che hanno accolto il suo «Stillwater» non riesca a trattenere le lacrime: «Mi sono emozionato, è vero, non siamo più abituati a stare in mezzo a mille persone in una sala, è stato come uno choc benefico, e poi in queste occasioni, sotto i riflettori, mi sembra sempre di vivere la vita di un altro». Nel film, presentato a Cannes fuori concorso, interpreta un padre, un tipo da «America First» che voterebbe Trump se una condanna penale non gli impedisse di andare alle urne, impegnato allo spasimo nel tentativo di riportare a casa la figlia detenuta a Marsiglia con l'accusa di aver ucciso una compagna di università: «Ho dato vita al peggiore incubo di un genitore, non essere all'altezza del proprio compito». In un affollato Rendez Vous con il pubblico il divo-antidivo racconta che la famiglia (quattro figlie con la stessa moglie, Luciana, conosciuta in un bar), gli ha regalato stabilità e una normalità perfino noiose, tant'è che i paparazzi hanno smesso da tempo di appostarsi davanti casa sua. L'eccessiva esposizione mediatica lo mette a disagio: «Quando eravamo a Monaco per Ocean's Eleven, con Brad Pitt e George Clooney, si scatenò l'inferno. Brad era preso d'assalto dai fan e non poteva fare un passo, è difficile tenere la bussola in situazioni come queste, vivere senza privacy è impossibile».

Considera però una fortuna aver mantenuto i legami dei primi anni e di sentirsi parte di una «famiglia cinematografica» con Ben Affleck, con cui vinse l'Oscar per la sceneggiatura di «Will Hunting - Genio ribelle», Leo DiCaprio e, naturalmente, «Brad e George».

Ha girato con Scorsese, Spielberg, Van Sant, Soderbergh, ha ricevuto nomination e premi, eppure non si sente arrivato: «Recitare è un mestiere, più lo fai, più impari». Il successo gli ha regalato soldi, fama e tanti progetti, da «Il talento di Mr. Ripley» alla saga di «Bourne», tra i rimpianti più grossi cita ridendo il no che disse a James Cameron per «Avatar»: «Mi propose una parte e il dieci per cento degli incassi, ma stavo seguendo la post-produzione di The Bourne Ultimatum e non volevo mollare». A tutt'oggi «Avatar» è il più grande incasso di tutti i tempi, con 2.8 miliardi di dollari: «Conoscete un altro attore che abbia mai rifiutato così tanti soldi?». Interprete versatile («ci sono le trasformazioni fisiche, che vanno studiate e approfondite, e poi ci sono le emozioni, che devi essere capace di comunicare nel modo più reale e autentico possibile»), Matt Damon è anche un produttore attento ai diritti delle minoranze e dell'ambiente e un quasi regista («tutti mi spingono a farlo, finora ci sono andato vicino»). Il suo segreto? «Non ho mai perso la passione che avevo agli inizi».

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Scandalo annunciato del Festival, «Benedetta» di Paul Verhoeven ha tenuto banco con la storia della suora lesbica che sogna un Gesù molto umano, usa una statuetta sacra come un sex toy e, ha spiegato il regista di «Basic Instinct», si ispira alle vicende della monaca dell'abbazia di Pescia Benedetta Carlini, realmente esistita nel Seicento. Con Charlotte Rampling nei panni della madre superiora e Virginie Efira in quelli incandescenti della protagonista. Ma sulla Croisette, ieri, è stato anche il giorno del successo del primo film italiano, «A Chiara» di Jonas Carpignano, accolto molto bene alla Quinzaine des Realizateurs assieme alla sua attrice, l'esordiente Swami Rotolo, che ha recitato senza sceneggiatura, seguendo il neo-neorealismo del regista italoamericano prediletto da Scorsese. Anche qui al centro del film c'è il rapporto padre-figlia, sullo sfondo i traffici che passano per il porto di Gioia Tauro. «Non si può negare che il tessuto sociale sia difficile» dice Carpignano, che già aveva raccontato la Calabria dei rom in «A Ciambra» e da dieci anni si è trasferito nella Piana di Gioia Tauro, «ma vivere in questi posti non è come vediamo nelle fiction, è tutto più normale, un laboratorio di globalismo con giovani non diversi da tutti gli altri. La differenza è che tuo padre può trovarsi a fare un lavoro malavitoso e non sempre è una scelta. E che una ragazza come Chiara può decidere di cambiare un destino già segnato e dare una svolta al proprio futuro». E a un'altra ragazza coraggiosa, diventata un simbolo di libertà e di resistenza umana, Anna Frank, ha dedicato il suo nuovo film di animazione l'israeliano Ari Folman, autore dell'acclamato «Valzer con Bashir»: alla fine, un'ovazione di dieci minuti e una commozione che non passa. 

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