La guerra dei nonni, Vincenzo Salemme: «Io, un nonno da ridere che però salva la famiglia»

«Dovremmo volerci bene un po' di più, senza aspettarci niente dagli altri»

Vincenzo Salemme e Max Tortora
Vincenzo Salemme e Max Tortora
di Titta Fiore
Mercoledì 29 Novembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 30 Novembre, 07:31
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Già i nomi la dicono lunga: Tom e Gerri, come i «cari nemici» del celebre cartone animato. Nel film di Gianluca Ansanelli «La guerra dei nonni», da domani in sala con Medusa, Vincenzo Salemme è Gerri, un nonno attento e premuroso che vive con la famiglia della figlia e si prende cura dei tre bambini di casa; Max Tortora è Tom, il nonno esuberante e fracassone che infrange le regole pur di conquistare l'amore dei nipoti. Insieme, ne combinano di tutti i colori, in una competizione senza esclusione di colpi. E di colpi di scena. «È una commedia divertente e di buoni sentimenti, e poi la figura del nonno è sempre più centrale. Anche a teatro i ragazzi ci vengono con i nonni» dice Salemme, che in questi giorni trionfa al Diana con la sua versione di «Natale in casa Cupiello».

In un paese in cui calano le nascite il nonno resta una figura centrale?
«Oggi più che mai, il nonno è un pilastro della famiglia moderna, per tante coppie giovani un punto di riferimento e un aiuto imprescindibile.

I bambini crescono con i nonni, li amano moltissimo».

Com'erano i suoi nonni?
«Ero legato soprattutto a nonno Vincenzo, avevo sei anni quando è morto, ma lo ricordo bene. Era un capomastro e andava a lavorare al cantiere edile lindo e pinto, con la camicia bianca. Qualche volta nella sua Topolino, con gli altri muratori, mi infilavo anch'io, tutto impettito».

I battibecchi tra lei e Max Tortora ricordano quelli di un'altra mitica coppia dello schermo, formata da Totò e Aldo Fabrizi.
«Senza fare paragoni con due talenti inarrivabili, riproduciamo un classico della commedia, la coppia vittima-carnefice. Un meccanismo consolidato che funziona sempre».

Nel film i vostri nonni stravaganti tengono insieme la famiglia.
«Quante volte si dice: ah, la sapienza dei nonni... La sapienza dei nonni è necessaria. Viviamo tempi difficili, i ritmi della modernità non consentono di fare bene cose della vita quotidiana, perfino il caffè spesso non è buono perché il barista non ha il tempo di pulire la macchina. Siamo vittime di un consumismo sfrenato che quasi ci costringe alla mediocrità, mentre in ogni campo dovremmo impegnarci per fare il meglio».

Come se ne esce?
«Dovremmo volerci bene un po' di più, senza aspettarci niente dagli altri. Oggi la gente tende a non affrontare i problemi, si nasconde buttando la polvere sotto il tappeto, è come se non avesse gli strumenti emotivi necessari a sopravvivere».

Servono modelli diversi?
«Non modelli, esempi morali. Ci illudiamo che i soldi e un'immagine vincente ci facciano vivere meglio, puntiamo all'onnipotenza, ma la vita non si controlla, si accetta dolcemente». 

La commedia aiuta a far riflettere?
«Nelle cose che scrivo ci provo sempre. Cerco di trasmettere al pubblico quello che mi è sembrato di capire, per aggiustare il tiro».

Nel film porta i nipotini al museo e costruisce per loro giocattoli di legno, come se volesse fermare il tempo.
«Gerri, il mio personaggio, cerca di trasmettere ai ragazzi valori diversi, e questo è bello. Io non sono contrario ai giocattoli digitali, ci mancherebbe, non possiamo pretendere che i giovani siano come eravamo noi a quell'età. Però possiamo e dobbiamo aiutarli a non farsi del male, a schivare certe punte acuminate di dolore che possono ferire l'anima».

«La guerra dei nonni» apre la stagione dei film natalizi, mentre lei, ogni sera, fa il tutto esaurito in teatro nei panni di Luca Cupiello.
«E un'emozione grandissima portare in scena una commedia di Eduardo, il mio maestro, un gigante del teatro italiano. “Natale in casa Cupiello” è un testo meraviglioso, un'alchimia perfetta di divertimento e commozione che anche nella nostra versione sta conquistando il pubblico. Al Diana abbiamo dovuto aggiungere due repliche che sono andate sole out in un'ora. Siamo molto contenti e grati agli spettatori che vengono ad applaudirci e fanno la fila al botteghino. Lo spettacolo sta andando fortissimo, lo riprenderemo anche nella prossima stagione».

Nel suo futuro ci sono altri allestimenti eduardiani?
«Vorrei provare, sì, ci sto pensando, mi piacerebbe farne altri due, vedremo».

Tornerà a fare teatro in tv? Con «Napoletano? E famme na pizza», visto in scena da duecentomila spettatori, ha vinto anche la sfida degli ascolti su Raidue. Pronto a replicare?
«Aspetto notizie, l'altra volta abbiamo dimostrato che si può fare, purché si vada in diretta e con il pubblico in sala. La magia del teatro scatta solo così». 

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