Premio Oscar 2022, intervista a Maggie Gyllenhaal: «Lo scandalo Ferrante è pronto per la statuetta»

Premio Oscar 2022, intervista a Maggie Gyllenhaal: «Lo scandalo Ferrante è pronto per la statuetta»
di Francesca Scorcucchi
Sabato 26 Marzo 2022, 23:49 - Ultimo agg. 27 Marzo, 15:39
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«Ho letto quasi tutti i suoi libri e li ho trovati così veri da rimanerne scioccata. Elena Ferrante sa essere onesta circa temi e pensieri sui quali tutti noi abbiamo silenziosamente concordato di non parlare e forse nemmeno pensare. Leggendola ero scioccata dalle verità che aveva scritto. Erano verità che prima non avevo neppure capito di provare». Maggie Gyllenhaal ha un’ossessione per Elena Ferrante. «La figlia oscura», tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice napoletana, è il suo debutto alla regia e le è valso tre nomination agli Oscar: per la protagonista Olivia Colmann, l’attrice non protagonista Jessie Buckley e la sceneggiatura non originale, opera della stessa Gyllenhaal. Stanotte il verdetto, in una cerimonia che potrebbe essere caratterizzata da un discorso di Zelensky sulla guerra in Ucraina. Il film arriverà in Italia il 7 aprile dopo aver debuttato alla Mostra di Venezia. Nel cast anche Dakota Johnson, Ed Harris, Peter Sarsgaard e Alba Rohrwacher.

Maggie la misteriosa scrittrice napoletana l’ha conquistata subito?
«Il processo è stato graduale.

Mi sono chiesta se ero stata l’unica a provare certe impressioni e mi sono risposta che no, non era possibile, visto che i romanzi della Ferrante andavano a ruba. La domanda successiva è stata: se lei ha rotto l’incantesimo, se lei è riuscita a scrivere di argomenti tabù su cui la società ha imposto il silenzio, forse io lo posso fare di nuovo? Posso rompere il muro dell’omertà, questa volta in uno spazio ancora più condiviso, come è quello di una sala cinematografica? Mi sono chiesta come sarebbe stato vedere un film su certi argomenti insieme a tua madre, tuo marito, persino tua figlia». 

L’argomento tabù è l’abbandono dei figli. Il personaggio di Leda, da giovane dalla Buckley e da adulta dalla Colman, lascia le figlie bambine alla cura del padre: una scelta fra le più stigmatizzate dalla società.
«A chi legge viene da chiedersi se certe scelte sono possibili, accettabili. Facendole causi agli altri e anche a te stessa un’incredibile quantità di dolore ma il punto del romanzo della Ferrante e del mio film è un altro. Il punto sta in una domanda che ci siamo fatti tutti nella vita: sono normale se penso a questo, sono normale se agisco così? O sono solo io che provo esigenze personali più grandi del resto delle donne, della società? Leggendo la Ferrante hai quasi un senso di sollievo. È normale provare certe sensazioni, certe esigenze, solo che spesso non sono rappresentate in un film, o in un libro».

Nel film ci sono scene che non sono nel libro.
«È un adattamento che, in gran parte, è nato direttamente sul set, lavoravamo continuamente sul copione insieme a Olivia Colman. Non dovevamo neppure spiegarci, parlare troppo, veniva tutto naturale. Qualcosa che sembrava significativo o divertente sulla carta poi non lo era e allora si cambiava». 

Anche il finale è diverso. 
«Elena Ferrante mi ha scritto: “Ho visto cosa hai fatto al finale. Mi piace”».

Come si è messa in contatto? 
«Via email. L’ho contattata per avere i diritti del libro e lei mi ha risposto. Va bene, puoi averli ma solo se lo dirigi tu. Una dichiarazione di fiducia inaspettata, molto femminile. So che in molti azzardano l’ipotesi che si tratti in realtà di un uomo. Mi piace che gli uomini la vogliano fra loro, ma no, Elena Ferrante è totalmente dalla nostra parte. È una donna, non ho il minimo dubbio. Non so perché voglia rimanere anonima, forse perché così facendo può scrivere certe verità impensabili». 

Prima esperienza alla regia e subito una candidatura agli Oscar.
«Mi sembra che la mia vita sia completamente cambiata con la nomination, soprattutto perché ora mi sembra di essere in contatto giornaliero con i registi e i produttori dei film che ho sempre amato. Mi sento inclusa nella loro comunità. Il premio? Non voglio nemmeno pensarci. Il merito, comunque, è tutto del libro, della Ferrante»».

Quale regista l’ha influenzata maggiormente?
«Michelangelo Antonioni, per li modo in cui inquadrava Monica Vitti, ad esempio. Aveva un modo meraviglioso di ritrarre le donne senza renderle oggetti». 

Lei ha un forte legame con l’Italia.
«Il più bel complimento l’ho ricevuto da Paolo Sorrentino e da sua moglie Daniela, mi hanno detto che sono un’italiana ad honorem».

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