Gugliucci, un film con Amber Heard e un bebé in arrivo dalla compagna Silvia Mazzieri

Guatemala, set film In the Fire, Yari Gugliucci con Amber Heard
Guatemala, set film In the Fire, Yari Gugliucci con Amber Heard
di Erminia Pellecchia
Martedì 31 Maggio 2022, 13:32
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Fa la spola tra Montepulciano e il Guatemala, set di «In the fire», il film di Conor Allyn che lo vede al fianco di Hamber Heard, Eduardo Noriega e il dodicenne Lorenzo Mcgovern Zaini. Yari Gugliucci è felice per il ritorno sul grande schermo con una produzione internazionale, ma lo è ancor di più per il ruolo che ricoprirà tra poco, nella vita reale, quello di papà. Abbraccia il pancione della sua compagna, Silvia Mazzieri, ovvero l'Alba di Doc amatissima dal pubblico televisivo, sorride: «Vivo questa situazione con grande serenità, ho 47 anni, era ora di metter su famiglia, anche se il mio amico Pierfrancesco Favino cercava di dissuadermi con un “ormai non ti conviene, sono solo fatiche e rotture”. Invece ci voleva proprio».

Gugliucci, ma come farà a conciliare il superlavoro con un bebè in arrivo?

«Silvia e io siamo entrambi attori, per noi il lavoro è sacro e lavorare lontano è implicito.Gery Oldman, da britannico dice che la prima cosa è tornare a casa per l'ora del te, sarebbe bello ma purtroppo stavo a San Salvador, impossibile allontanarmi; per fortuna le riprese sono finite prima perché ci sono le fasi conclusive del processo tra Hamber e l'ex marito Johnny Depp.

In Guatemala ho avuto successo, vi girerò presto un altro film. Che dire... nel mio futuro si profila una Cinecittà dell'America centrale, incrocio le dita».

A proposito del Depp vs Heard, come avete vissuto la situazione sul set?

«Lei è una grande professionista, ci siamo trovati benissimo, e poi io non sono tipo da gossip. Pensi che quando ho fatto il provino in collegamento con Hamber, grazie al mio agente Simone Santercole che sapendo della mia buona conoscenza dell'inglese era riuscito a mettermi in contatto con la produzione del film, ero completamente all'oscuro di questo uragano mediatico. Né avevo colto i segni conversando con lei. Il provino l'ho fatto in inglese e spagnolo, ero nella mia città, Salerno, in via Carmine, rinchiuso da dieci giorni nella cameretta di mio padre, raccontarlo sa di assurdo, ma è la “normalità” della pandemia».

Ha avuto una parte di rilievo.

«Sì, il ruolo bellissimo di padre Galira, un domenicano tipo Mission di Robert De Niro e Jeremy Irons, un prete forte, dalla grande spiritualità ma dal fucile facile se si tratta di difendere la propria comunità. É una pellicola intensa che celebra il realismo magico in stile Gabriel Garcia Marquez, è sospesa tra le tinte forti dell’horror e quelle del dramma psicologico, film rouge è l'amore, inteso anche come elemento salvifico; appassionerà di sicuro il pubblico, è la tipica storia da Netflix International su se il diavolo vive tra noi o il male sia generato dagli uomini. Non posso spoilerare molto, si tratta di una delle prime psicoanalisi di fine '800. Il film è stato già venduto in 13 Paesi, dall'America all'Europa, tranne l'Italia, malgrado sia una coproduzione anche pugliese con la Dinamo. Probabilmente sarà nelle sale questo autunno».

Il suo rapporto con Allyn?

«Straordinario, a differenza dei nostri registi che cercano di inculcare agli attori la battuta, come muoversi, cosa dire, come tutti quelli della scuola anglosassone dà suggerimenti, carica, energia. Qualsiasi cosa proponessi veniva accettata. In fondo ho studiato, da perfezionista come sono, il carattere di un domenicano vissuto in quel tempo, i suoi movimenti dall'imbracciare il fucile a salire a cavallo. Il set era un po' alla Tarantino, dove ognuno creava il suo personaggio cercando di renderlo icona. Tra tutti noi c'era feeling, la mia battuta chiave è Te veo e te reconosco, la troupe per salutarmi ha fatto delle magliette col mio viso e la frase Ti vedo e ti riconosco».

Tornerà in teatro?

«Riprenderò il Dino Valdi della Good Moon di Nicola Canonico, testo scritto da Emilia Costantini con la regia di Stefano Reali. L'anno prossimo saremo nei grandi teatri dal Manzoni di Milano al Quirino di Roma».

E la tv?

«Sono orgoglioso del Nastro d'Argento andato ai Bastardi di Pizzofalcone che vede premiato un gruppo che si conosce da anni e nel quale sono entrato solo recentemente con un episodio da protagonista tratto da uno dei romanzi più avvincenti di de Giovanni, Vuoto; ho semplicemente dato un piccolo contributo a un flusso vincente»

Nel frattempo c'è il suo ultimo libro, Manuale di un attore emotivo, in promozione.

«Sta andando bene, qualche giorno fa mi ha chiamato Terry Gilliam, dopo aver letto che stavo lavorando con la Heard. Johnny Depp è un attore straordinario, ma il personaggio dello svalvolato, pensi a Paura e delirio a Los Angeles, è stato in gran parte creato da Terry, un padre spirituale per lui come lo è per me. Gilliam amava la Wertmuller, la mia madrina e mentore; ha letto il mio libro ed ha voluto recensirlo; quindi mi ritrovo, senza volerlo, al centro del ring, sia come coprotagonista di Hamber, accerima nemica di Depp, che come pupillo di Gilliams».

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