Generazioni diverse, da Lina Sastri e Fausta Vetere a Greta Zuccoli e Irene Scarpato. Voci veraci (Fabiana Martone), nazionali (Marina Rei e Petra Magoni), internazionali (Sarah Jane Morris). Ugole jazz (Maria Pia De Vito) e urban (Lina Simons). Cantautrici (Irene Scarpato) e interpreti (Silvia Falanga). Nella varietà di età, ispirazioni e origini, ad accomunare le donne salite sul palco dell’Arena flegrea il 29 luglio scorso per la seconda edizione di «Le Vesuviane» è l’essere «cantantesse»: termine rubato a Carmen Consoli dal direttore artistico Federico Vacalebre, ideatore del format alla seconda edizione, voluto dal Comune nell’ambito del progetto Napoli Città della Musica.
La varietà è ricchezza di linguaggi e temi in una scaletta studiata per rispondere al patriarcato musicale: dalla Sastri che recita Eduardo («Filumena Marturano») e canta Vivani («Bammenella») alla Vetere di «Ricciulina», dalla Simons che ribadisce di voler stare «Nuda» all’«Imagine» finale di Morris, grido contro gli orrori delle guerre con un pensiero in più per Gaza.
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La pioggia non ferma il pubblico, ci sono quattromila persone in platea, mentre sul palco è al femminile anche la conduzione (Noemi Gherrero), la maestra concertatrice Elisabetta Serio (bravissima, vero motore dell’operazione) e l’orchestra (dodici strumentiste). Si parte con le Rondinella, Amelia e Francesca, e il loro omaggio alla Nannini che si tocca... «L’America», si continua con Martone che guida un coro di cinque ragazze per rifare in rosa «Napoli dance» di Enzo Avitabile. La serata prende subito quota, gli spettatori ballano. Un’ovazione per la Sastri, poi gli omaggi: Zuccoli canta la Kate Bush di «Running up the hill», Manuela Zero (come Patty Pravo) non si farà mettere tra le dieci bambole che un maschietto non usa più, Monica Sarnelli passa dalla protofemminista Ria Rosa di «Preferisco il Novecento» alla traduzione vesuviana di «Marea» di Madame, omaggio al libero orgasmo.
Scarpato è ugola antica nelle nuove «Fotografa» e «Munno cane». Poi tornano le cover con Silvia Falanga, romantica in «You’re so vain»« (Carol King) e ciclone sensual-funky in «Nasty gal» (Betty Davis»); De Vito tra Joni Mitchell («Chinese cafè») e Chico Buarque De Hollanda («Construção» tradotta in dialetto), con Magoni («La voce del silenzio» e «I will survive» d Gloria Gaynor). Marina Rei canta sè stessa tra il nuovo singolo e «Primavera», Vetere la Nccp ma anche Rosa Balistreri («Canto e cunto), prima del ruggito finale pacifista di Sarah Jane Morris. Il patriarcato non si uccide con le canzoni, ma a più di qualcuno saranno fischiate le orecchie.