Sanremo 2022, Achille Lauro e il festival: «Canto con Loredana Bertè ma vorrei diventare l'erede di Amadeus»

Sanremo 2022, Achille Lauro e il festival: «Canto con Loredana Bertè ma vorrei diventare l'erede di Amadeus»
di Federico Vacalebre
Martedì 25 Gennaio 2022, 11:00 - Ultimo agg. 26 Gennaio, 08:57
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Quattro partecipazioni consecutive a Sanremo sono quasi un record in tempi recenti, anche se Milva ne infilò nove dal 1961 e il 1969. Ma uno che si chiama Lauro De Marinis, per tutti - tranne che per i nostalgici del comandante napoletano - Achille Lauro, ai record ci è abituato. 

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Ma perché poi Achille Lauro torna quattro volte di seguito al Festival?
«Perché se hai il prodotto giusto ti serve l'evento giusto per lanciarlo. A me l'Ariston ha permesso di entrare nelle case di milioni di italiani quando avevo il prodotto giusto. Adesso sono pronto per il mercato internazionale e cerco l'evento giusto per il nuovo lancio».

Come a dire che partecipi per vincere e andare all'Eurovision?
«No, però a Torino mi giocherei le mie carte, potrei fare qualcosa di importante».

Vediamoli insieme questi tuoi quattro Sanremo.
«Parliamo dei quattro sacramenti di Achille Idol che cerca ancora di distruggere la sua carriera».

Sacramenti?
«Sì, io sono molto credente».

Di che sacramenti si tratta? «Domenica», il brano con cui sei in gara, sembra una dedica tenera per un bimbo che verrà.
«Non c'è un figlio in arrivo, ne sono abbastanza sicuro e, soprattutto, ci sto molto attento.

Di battesimo si è trattato a Sanremo nel 2019, con Rolls Royce, l'anno dopo è arrivata l'eucarestia con Me ne frego, nel 2021 la confessione da superospite».

E ora?
«Un sacramento speciale, quello del ringraziamento alla vita».

Che ti ha dato tanto. Ma ricambi con un pezzo che sembra l'autoplagio di «Rolls Royce»?
«La mia identità si conferma anche nelle trasformazioni, il mio camaleontismo non maschera mai il vero me. Già per Me ne frego si scrisse che era una seconda Rolls Royce, ma poi divenne il mio successo più grande. Il testo, poi, è diverso, opposto al sound, e la presenza dell'Harlem Gospel Choir aggiungerà ulteriori chiavi di lettura».

Sacramento per sacramento, nel 2023 potresti fare cinquina e celebrare il matrimonio con Sanremo.
«Amadeus, ma già Baglioni aveva dato in questa direzione, ha svecchiato molto il Festival: se lui non c'è io sono pronto a fare il direttore artistico».

Venerdì 4 febbraio, serata delle cover, duetterai «Sei bellissima» con Loredana Bertè.
«L'ho vista dal vivo per la prima volta la notte di Capodanno e ne sono stato illuminato. È un'astronave, un'icona trasgressiva. E quella canzone è speciale, tutta l'Italia conosce il ritornello, ma non ricorda le strofe, che danno la voce a una donna sadicamente maltrattata».

A Sanremo arriva anche una versione espansa del tuo ultimo album, «Lauro». Tra gli inediti «Fiori rosa», ballad alla Vasco Rossi, ma citazionista; «Foxy», funkyssima; «Sexy boy», riscrittura della «Mannish boy» di Muddy Waters; «Rolling Stones», inno al rock di Bowie, anzi di Ziggy Stardust, di Jagger e Richards certo, di Ramones e Billy Idol.
«A settembre con 7-8 persone fisse e qualcun altro che andava e veniva, mi sono chiuso sull'isola di Albarella, vicino al delta del Po, dove c'erano più daini che uomini. E ho lavorato al Lauro che verrà: internazionale, forse alle prese con un musical, di sicuro con le nuove tecnologie tra nft e metaverso. Ora però chiudo il cerchio di quanto fatto finora. Così nel repack ci sono queste vecchie novità: Fiori rosa cita Battisti, Baglioni, Mia Martini, con cui sono cresciuto. Poi c'è il rock, il glam, il punk, il mio nuovo corso che diventerà passato».

Come vestirai, anzi, come apparirai all'Ariston?
«Non parlerei di travestimenti, ma di messinscena della canzone, di proiezione del mio ego. Cerco sempre di andare oltre, che non vuol dire trasgredire, ma fare sempre qualcosa di diverso e di più, per non ripetersi e ristagnare nella propria zona comfort. Sono divisivo, l'arte deve disturbare».

E Achille Lauro fa arte?
«Non parlo di ciò che faccio io, sarebbe presuntuoso. Ma non è arte se non suscita qualcosa, se non smuove qualcosa, se non divide».

E se «Domenica» fosse un quadro?
«Lo stiamo creando, posso dirti che quadro sarei io: L'urlo di Munch, che suscita emozioni diverse in ogni persona».

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